«Essere Financial Advisor da sempre è stato il mio credo. Condividere con il mio Cliente, la mia disponibilità, la sicurezza, la trasparenza, la solidità e la serietà. Questo si ottiene solo se la cultura finanziaria viene condivisa e vissuta con il mio Cliente. Aiutami ad aiutarti.»

martedì 20 settembre 2016

Gara di Golf 2016

Dopo la pioggia serale, sabato 17 settembre , a Barialto con un clima perfetto , si è svolta la mia gara di golf.
Tra Clienti e soci, in 72 hanno aderito. Mi è dispiaciuto per chi era in lista di attesa e non ha potuto giocare...
Un grazie a tutti e bravi tutti... in pò di più bravi i vincitori con risultati eccezionali. 







Tutte le foto sono disponibili al Circolo oppure... Troverete una sorpresa😃

martedì 6 settembre 2016

Ma il quantitative easing è servito ?

Partiamo dalla definizione 

Con alleggerimento o allentamento quantitativo, o anche facilitazione quantitativa, sovente con la locuzione inglese quantitative easing (o QE), si designa una delle modalità con cui avviene la creazione di moneta a debito da parte di una banca centrale e la sua iniezione, con operazioni di mercato aperto, nel sistema finanziario ed economico.

Quindi 

Una politica monetaria espansionistica, allo scopo di stimolare la crescita economica e l'occupazione, tipicamente coinvolge le banche centrali nell'acquisto di titoli governativi con scadenza a breve termine, per abbassare gli interessi medi di breve termine presenti sul mercato. Tuttavia, quando gli interessi a breve termine sono prossimi al valore di zero, questo metodo non può più essere efficace per lungo tempo. In simili circostanze, le autorità monetarie possono continuare a ricorrere al quantitative easing per stimolare ulteriormente l'economia, tramite l'acquisto di attività aventi scadenza con orizzonte temporale più esteso di quelli a breve a termine, portando gli interessi di lungo termine al di fuori della Curva dei rendimenti.

Il quantitative easing è uno strumento in grado di assicurare la permanenza dell'inflazione al di sopra di una certo valore-obiettivo. Il rischio di questa politica monetaria è il fatto che si riveli più efficace del previsto contro la deflazione nel lungo termine, portando ad un eccesso di inflazione a causa dell'aumento dell'offerta di moneta: a prescindere dal quantitative easing è pure da notare che questa dinamica deflazione-inflazione è propria e tipica della deflazione in sè, se è vero che storicamente a un periodo di deflazione è generalmente seguito uno di inflazione (o iperinflazione).
In accordo col Fondo Monetario Internazionale, la Federal Reserve e vari altri economisti, il quantitative easing ha mitigato i rischi e contribuito a tenere sotto controllo vari problemi durante la crisi globale del 2007-2008.

Inoltre, il QE effettuato a macchia di leopardo, iniziato dagli USA , poi seguito da Giappone e poi , dico poi dalla BCE , ha mitigato il suo effetto rilanciando in modo proporzionale le economie.
Ma la domanda è chiara: è servito?

Partiamo dai presupposti, reggere il mercato delle obbligazioni sovranazionali sotto attacco e la concomitanza della Crisi del Sistema Bancario in crisi di liquidità. Montagne di denaro confluito alle Banche a tassi pari allo zero che compravano titoli sotto la pari ( in perdita sul valore di emissione e di rimborso) , che quindi guadagnavano soldi a palate ( basta vedere i bilanci delle banche) .
Ma tutta questa liquidità rimaneva nel sistema bancario , senza che la liquidità potesse tornare a vantaggio di nessun altro. Infatti, in questo periodo le banche hanno ridotto o eliminato l'erogazione di mutui e chiedevano ai Clienti e Aziende di rientrare. Questo unito alle manovre fiscali  degli Stati ha drenato la popolazione di soldi creando ulteriore crisi di liquidità.
Infatti, ora le banche centrali si stanno chiedendo se c'era un'altra soluzione .

Partiamo dall'inizio. 
Bisognava sostenere il mercato e immettere liquidità , senza svuotare le tasche della popolazione.
Allora? 
Le Banche Centrali, potevano predisporre che tutto il debito della popolazione riconfluisse nelle banche , come?

Bastava chiedere che il debitore dimostrasse il Suo debito verso banche e finanziarie e che lo stesso fosse rifinanziato al stesso tasso che le Banche Centrali hanno adoperato finanziare le banche .
È facile capire che: 
Le banche sarebbero rientrate in liquidità 
Le banche avrebbero avuto meno insolvenze 
Le banche avrebbero potuto continuare a fare le Banche
Le banche avrebbero dovuto comprare le obbligazioni in una percentuale del 20-30% degli importi rientrati, sostenendo il mercato
La popolazione avrebbe avuto più liquidità , pagando meno il Suo debito invece di ripulire le loro tasche
Dopo tanti miliardi immessi sul mercato, invece con il QE abbiamo ottenuto che molte banche sono fallite ( Etruria , Banche delle Marche per esempio) e molte sono in procinto di fallire con l'effetto di aver azzerato le posizioni di molti Clienti. Molte banche avevano fatto sottoscrivere anche prestiti ai loro Clienti per poi farli partecipare ai LORO aumenti di capitale, ma almeno in questi casi la magistratura è 
                        



intervenuta annullando di fatto il debito che era rimasto ai Clienti. Inoltre, molte aziende godevano di linee di credito in virtù delle azioni o delle obbligazioni detenute dai Clienti che avendo perso tutto, ora erano privi di garanzie reali da offrire per mantenere le Line di credito per le loro Aziende.

Quindi dopo il quantitative easing gli Stati hanno introdotto il Ball-in? 
Assolutamente no, infatti il Ball-in era stato approntato oltre due anni addietro, ma nessuna Banca aveva provveduto a cercare di sanare i loro buchi.

Sono almeno 15 le banche in crisi in Italia. Istituti grandi del Nord Est finiti sotto inchiesta e costretti dalla Bce a ricapitalizzare, ma anche piccole banche locali commissariate da Bankitalia e ora a rischio bail-in (salvataggio dall'"interno" del sistema).
                              

Ricavato da internet
LaStampa.it ECONOMIA

Le 5 pecore nere

A far sballare questa media sono soprattutto 5 banche: ovviamente il Montepaschi, che presenta una quota di crediti deteriorati del 21,2% (24,06 miliardi su un totale di 113,5), quindi Veneto banca (4,9 miliardi pari al 22,5%), Banca Carige (18,9%), Credito Valtellinese (17,9) e Banco Popolare (17,4). Quest’ultima, però, con la recente fusione con Bpm e l’aumento di capitale da un miliardo, ha messo in sicurezza i suoi conti. La media dell’intero sistema bancario è pari al 16,8% contro il 5,8% di media europea, segno che all’estero le banche sono riuscite a far pulizia nei loro bilanci meglio e prima di noi. 
Se si passa alle sofferenze nette, che in base agli ultimi dati di Bankitalia ammontano a 87 miliardi, si nota che la concentrazione del rischio aumenta ulteriormente. Sulle prime 12 banche italiane infatti pesano ben i tre quarti dei crediti più problematici, ovvero 65,9 miliardi su 87. Unicredit ha la quota più alta (20,17 miliardi) seguita da Intesa Sanpaolo (15,1) ed Mps (10,18). Ma non tutti hanno le spalle sufficientemente larghe per sostenere allo stesso modo questo fardello. In base alla ricerca Uilca/Centro studio Orietta Guerra, se si sottraggono tutte le sofferenze dal totale del patrimonio si ottiene un saldo ampiamente positivo, pari a circa 84miliardi. Se si analizzano però le singole posizioni si scoprono punti di forza e punti di debolezza. Il caso più grave, nemmeno a farlo apposta, è quello di Montepaschi: se la banca senese dovesse azzerare l’intero valore delle sue sofferenze andrebbe in rosso per 509 milioni, visto che il suo patrimonio al 31 marzo era pari a 9,67 miliardi. Intesa Sanpaolo fa invece segnare un «avanzo» di 35,1 miliardi, Unicredit di 30,2, Ubi di 5,57. Il margine più risicato è invece quello di Veneto Banca, che dispone di appena 359 milioni di patrimonio in più rispetto alle sofferenze e non a caso potrebbe essere una delle prime banche su cui intervenire dopo Mps.  

la realtà invece è che le banche fallite o in area di fallimento dove non appare la più compromessa

                                             

                              
Dopo fiumi di miliardi introdotti ( fino a 80 miliardi di euro AL MESE immessi solo dalla BCE )  continuano a valutare sugli effetti non avuti, insomma per dirla in breve sul fallimento del QE e su che cosa fare... ma di certo sono state "bruciate"  tante ricchezze e le banche stanno vendendo il proprio credito in sofferenza a finanziarie...dove finiranno ?

Credo che sia finita l'epoca dell'investimento " fai da te" e che ci si debba guardare in giro avvalendosi di professionisti come i promotori finanziari per evitare di trovarsi in portafoglio altri titoli spazzatura .







lunedì 6 giugno 2016

Bail in

Dopo aver introdotto l'argomento del Bail-in (salvataggio dall'interno) , 3 anni addietro, oggi presso il Nilaya torniamo sull'argomento invitando Clienti e chi fosse interessato a capire meglio cosa vuol dire realmente Bail-in e il rischio che si corre ...realmente. Conoscere la propria Banca è diventato importante per proteggere il proprio denaro. 

domenica 28 febbraio 2016

Crisi = Opportunità

La parola CRISI si traduce in Cinese con la parola OPPORTUNITÀ ... direi che la saggezza orientale
questa volta dovrebbe ispirarci.
Ho riportato l'andamento di un comparto di una Sicav , specializzata proprio in materie prime. Mi sono limitato a postare l'andamento , non per sollecitare l'investimento o quant'altro, ma per fare una considerazione.
Se la crisi mondiale deve finire o è finita, le materie prime dovranno cominciare a crescere, quindi in un asset bisognerebbe valutare , in base al proprio grado di rischio, ad inserir una quota in questo settore.
Dopo tutto, ci sono sempre due modi per investire: 
- PIC , Piano Investimento , versando in unica soluzione;
- PAC, Piano Accumulo , versando importi ricorrenti (mensili).
Se il mercato risale e sono riuscito ad entrare in un momento dove le quotazioni sono basse, forse è
l'opportunità da cogliere...
Lo stesso vale dopo un periodo di crescita, bisognerebbe avere il coraggio di uscire ...
-2014 boom del mercato obbligazionario;
-2015 il dollaro si rafforza sull'euro;
-2016 ....e se fosse la volta delle materie prime ?

lunedì 18 gennaio 2016

Petrolio



Quali paesi corrono i maggiori rischi di collassare a causa del persistere di quotazioni del greggio molto basse? Il prezzo del petrolio di cui hanno bisogno i grandi produttori per mantenere in equilibrio i propri conti si posiziona su livelli lontani da quelli registrati negli ultimi giorni. Mentre le quotazioni si portano al di sotto di quota 30 dollari al barile e i ‘petrodollari’ si svalutano, una delle domande fondamentali è: fino a che punto i paesi produttori possono reggere l’urto? 

Quali paesi corrono i maggiori rischi di collassare a causa del persistere di quotazioni del greggio molto basse? 

A seconda del soggetto a cui venga rivolta la domanda, il prezzo del petrolio di cui hanno bisogno i grandi produttori per mantenere in equilibrio i propri conti si posiziona su livelli lontani da quelli registrati negli ultimi giorni. Mentre le quotazioni si portano al di sotto di quota 30 Usd e i ‘petrodollari’ si svalutano, una delle domande fondamentali è: fino a che punto i paesi produttori possono reggere l’urto senza collassare? 

Non è un’operazione facile calcolare i rischi economici e politici per i grandi esportatori. Russia, Arabia Saudita, Iran e Venezuela hanno bisogno di prezzi minimi diversi per riuscire ad evitare tagli allo stato sociale e agli investimenti. In tutti i casi, i livelli minimi richiesti sono attualmente solo un lontano ricordo del passato. Il barile di Brent, il greggio di riferimento, perde circa il 18% dall’inizio dell’anno. Il West Texas Intermediate, il greggio di riferimento per il mercato statunitense, minaccia di portarsi sotto quota 30 Usd. Le varietà estratte in Medio Oriente e Russia già presentano prezzi sotto i 30 Usd al barile. 

Se le quotazioni dovessero permanere su questi livelli, si assisterà ad un aumento dei timori relativi alla solvibilità dei singoli paesi. Il tema interessa direttamente gli investitori in titoli di stato e divise. Le agenzie di rating rappresentano un buon punto di partenza per cominciare a valutare la solidità finanziaria dei paesi coinvolti. 

Le monarchie del Golfo Persico come l’Arabia Saudita, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti possono contare sul livello di affidabilità creditizia AA emesso da Fitch, Si tratta di realtà economiche che possono fare affidamento su riserve cospicue o accedere ai mercati obbligazionari internazionali per raccogliere capitali. Molto diversa è la situazione in cui versano la Russia –che ha un rating BBB-, il Venezuela –con un’affidabilità CCC ridotta al lumicino- e l’Iran –soggetto alle sanzioni internazionali. 

Lo scenario politico non vale meno di quello economico-finanziario. La crescita economica dell’Iran sta migliorando in scia alla riduzione graduale delle sanzioni. Teheran appare politicamente stabile. 

In Russia, il consenso a favore di Vladimir Putin resta elevato, introno al 90% nonostante l’inflazione galoppante e i tagli al welfare state. Questa situazione contrasta con quanto accaduto in passato a Boris Yeltsin, che durante un periodo di crollo delle quotazioni petrolifere vide svanire tutto il suo appeal nei confronti del popolo russo. E neanche il continuo indebolimento del rublo rispetto al dollaro Usa ha scalfito minimamente la leadership di Putin. 

In Venezuela, il presidente Nicolas Maduro era alle prese con il caos politico e il malessere dell’opposizione e di una parte crescente della popolazione già prima che il greggio innescasse la retromarcia. 

L’Arabia Saudita è alle prese con un deficit galoppante che potrebbe, per la prima volta nella sua storia, far propendere il Governo per l’emissione di bond sui mercati internazionali. Le autorità saudite hanno anche rivelato che c’è un piano per quotare il colosso petrolifero nazionale Saudi Aramco e raccogliere risorse da destinare alla copertura delle sovvenzioni statali. I prossimi mesi diranno la verità sulla sostenibilità del ‘patto sociale’, grazie al quale non esiste un’imposta sui redditi e la maggior parte dei sauditi lavorano nel settore pubblico. 

venerdì 25 dicembre 2015

Buon Natale

Tanti Auguri a tutti

venerdì 27 novembre 2015

bail - in

Bail - in, tradotto salvataggio dall'interno. Dal 1 gennaio 2016, le Banche non potranno più essere salvate dagli Stati, ma da tutti i Loro Clienti che abbiano oltre i 100.000 € ( a prescindere se stiano 
sul Conto Corrente o che abbiano azioni, obbligazioni o obbligazioni subordinate) , insomma dal 1 gennaio, sarà il caso di guardare dove "ho" messo i soldi e chiedersi perchè dover accettare tanto rischio.
Molte Banche Popolari dovranno essere quotate in Borsa e quindi il mercato e non più avvalersi del valore espresso fino a ieri dal consiglio d'amministrazione . Il prezzo espresso, sarà sostenibile ?
Molte banche hanno un valore ( numero di azioni per quotazione ) superiore alle maggiori Banche Italiane...altre in proiezione del 1 gennaio 2016 hanno già svalutato il valore....a altre invece, dovranno svalutare, ma il mercato riterrà questo valore congruo? 
Fino a 31 dicembre gli obbligazionisti non concorrevano al capitale di rischio ( azioni ) ma ora possedere titoli , obbligazioni e Conto Corrente della stessa Banca espone il Cliente al rischio del 
Bail-in. 
Che cosa fare ?
Bisogna guardare la Banca dal di dentro: 
1- evitare la concentrazione di "prodotti" della stessa Banca ( diversificare );
2 - informarsi della capitalizzazione ;
3 - guardare il Ratig 
Quì di seguito vi allego delle valutazioni delle banche italiane

È una promozione “tecnica”, ma pur sempre una promozione. Sta di fatto che Moody’s ha rivisto al rialzo il rating di 10 banche: la valutazione di lungo termine su Unicredit, Intesa, Bnl e Banca Imi, Cassa Centrale Raiffeisen passa a Baa1, quella su Ubi e Credem a Baa2, quella su Bpm a Baa3, quella su Credito Valtellinese a Ba2, quella su Cariparma ad A3. In tutti i casi l'outlook è stabile.

Declassamento, invece, per Unicredit Leasing (che scende a Baa3) e Mediocredito Trentino Alto Adige (Ba1). Confermati, invece, i rating di Fca Bank (Baa2), Iccrea (Ba2), Banca Sella (Ba1), Cassa Centrale (Baa3) e Banca mezzogiorno (Ba1).

Rating AA attribuito ad Allianz da Standard&Poor's