«Essere Financial Advisor da sempre è stato il mio credo. Condividere con il mio Cliente, la mia disponibilità, la sicurezza, la trasparenza, la solidità e la serietà. Questo si ottiene solo se la cultura finanziaria viene condivisa e vissuta con il mio Cliente. Aiutami ad aiutarti.»

giovedì 28 marzo 2013

Debiti dello Stato verso le imprese

Il governo suole continuare a capitalizzare le Banche che non fanno più la loro funzione primaria di sostegno all'economia avendo praticamente generalmente, bloccato il credito alle imprese ( riduzione dei fidi ) e al privato ( mutui ), mentre ha deciso di pagare i suoi debiti ( 70 miliardi ) verso le imprese a RATE con un piccolo acconto di 20 mld entro il 2013 e altri 20 mld nel 2014, gli altri ??????
Pagando le aziende, i soldi arrivano comunque alle banche, con il vantaggio che le aziende non pagherebbero interessi passivi e avrebbero la liquidità per pagare a loro volta i loro debiti e così si rimetterebbe in moto un'economia in agonia. Continuare a dare liquidità a chi non la fa' circolare a che serve ?
Continuare a ricapitalizzare le banche che utilizzano quei mld per comprare titoli di stato, guadagnando (3-5%), che é molto di più del tasso che pagano (1%) , il vantaggio ? Dopare lo spread, ma senza valutare la ricaduta sull'economia reale.
Se le banche hanno i soldi, e l'economia muore, a chi servono quei soldi ?
Governo e banche fanno esattamente come il cane....

martedì 26 marzo 2013

Eurogruppo: via libera al piano di salvataggio di Cipro. Salvi i depositi sotto i 100mila euro

ACCORDO RAGGIUNTO - Via libera da parte dell’Eurogruppo al piano di salvataggio di Cipro. Secondo l’accordo raggiunto dal presidente cipriota Anastasiades e la troika (Ue-Bce-Fmi),la Laiki Bank sarà chiusa attraverso un processo controllato e i suoi asset finiranno in una 'good bank' e in una 'bad bank'. "L'accordo raggiunto mette fine alle incertezze su Cipro e sulla zona euro", ha detto il presidente dell'eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, spiegando che "l'intesa evita la tassa e ristruttura profondamente il settore bancario di Cipro". I 10 miliardi di aiuti dall’Ue non saranno utilizzati per la ricapitalizzazione delle banche cipriote.

TASSA SUI DEPOSITI – Salvi i depositi sotto i 100mila euro, che saranno garntiti dall'Eurogruppo. Inoltre, non ci sarà alcuna tassa o prelievo sui depositi, ma un'altra forma di 'bail-in': si congelano cioé i depositi sopra i 100mila euro, che verranno poi convertiti probabilmente con obbligazioni dello Stato. Questi depositi “potrebbero successivamente essere soggetti a misure appropriate” si legge nella nota dell’Eurogruppo. L’entità del prelievo che di fatto verrà effettuato su tali depositi non è calcolabile al momento, ma fonti Ue lasciano intendere che sarà sostanzioso.

RICAPITALIZZAZIONE - A sua volta la Banca di Cipro sarà soggetta a ricapitalizzazione, anche in questo caso, “con un pieno contributo dei titolari di azioni e di obbligazioni”, e “con una conversione dei depositi non garantiti in azioni”. A sostenere le perdite o i costi della ristrutturazione e ricapitalizzazione non saranno i contribuenti o i piccoli risparmiatori, ma gli azionisti delle stesse banche, i detentori delle loro obbligazioni, e ove necessario anche i titolari dei depositi oltre i 100mila euro.

LE SCADENZE - Sulla base dell'intesa raggiunta nella notte - che dovrà ora essere approvata dai Parlamenti di Germania, Finlandia e Olanda - il Consiglio dei governatori del Meccanismo europeo di stabilità (Esm) dovrebbe essere in grado di approvare formalmente l'assistenza finanziaria per Cipro entro la terza settimana di aprile, mentre la prima tranche di aiuti dovrebbe arrivare a Nicosia "ai primi di maggio", ha fatto sapere il presidente dell'Esm, Klaus Regling.

giovedì 21 marzo 2013

La crisi di CIPRO

Vi riporto le parti più salienti della lettera che il nostro AD ci ha scritto sulla crisi di Cipro.

La crisi di Cipro è tecnicamente riconducibile alla tipologia a cui afferisce anche quella che ha colpito qualche anno fa l'Islanda. Nani che si credono giganti.
Le banche Cipriote avevano una dimensione completamente insensata vis à vis quella della - piccola - economia dell'isola.
Ma la similitudine finisce qui.
Cipro è un crocevia di attività economica di carta, con nessuna base reale. Cipro, come Malta, come San Marino, come altre giurisdizioni, ha impostato un modello di sviluppo vuoto, dove il denaro dovrebbe creare altro denaro.
La verità è che "il Re è nudo!", il modello di sviluppo è quello del denaro facile, del "vantaggio" fiscale, del "pecunia non olet".
Come il re nella favola di HC Andersen, anche il governo di Cipro continua a mantenere una posizione di facciata. La UE, giustamente a mio parere, ha chiesto che Cipro collabori al salvataggio delle proprie banche, una delle quali (la seconda per dimensioni) è tecnicamente insolvente in quanto fortemente esposta alla economia Greca. Le banche sono strutture a leva pura. Sono estremamente fragili se non gestite con grande attenzione. Il fallimento della seconda banca di Cipro, date le dimensioni del sistema, avrebbe fatto crollare tutto il sistema finanziario dell'isola.
La risposta della dirigenza politica cipriota è quella di spalmare sui conti correnti il peso del contributo al bail out. Si tassano i conti oltre i 100,000 euro al 9.9% e, esaurito quel filone, da puro effetto di "complemento a 100" si deve tassare tutti gli altri conti correnti al 6.7%.
La scelta è di imporre un simil scudo fiscale ai paperoni, con capitali a Cipro richiederebbe una aliquota di circa 25 punti percentuali. Questo avrebbe potuto causare reazioni "a presa rapida" da parte dei depositanti. Si è scelto quindi, in prima battuta, di limitare al 9.9%, single digit, il prelievo forzoso sui depositi oltre 100,000 euro.
Questo, se approvato, costituirà un precedente pesantissimo per i modelli di salvataggio di banche all'interno dell'area Euro.
A me sembra, al di là di tutte le analisi erudite e le rassicurazioni, che quello che conta è la capacità di gestire il rischio prima che si manifesti.
Ad Allianz Bank abbiamo già da un anno rafforzato il capitale e siamo, come nel periodo della crisi di Lehman, pronti a rimborsare i depositi di conto corrente dei nostri clienti anche qualora tutti quanti assieme li volessero indietro, oggi stesso.
C'è un modo di dire in inglese, "Solid as a Rock", che diventa "Rock Solid" in americano.
Allianz è oggi il gruppo finanziario più solido sul mercato, godendo di un Rating AA da Standard & Poor's.
Allianz Bank, parte di Allianz, è un Istituto molto solido, che persegue un approccio alla clientela serio. Il denaro che i clienti depositano presso di noi è in cassaforte. Non prestiamo in modo disordinato e non offriamo remunerazioni irreali per i depositi. Vorrei dire chiaramente a tutti voi che chi offre oggi oltre il 2% di remunerazione a depositi bancari sta mettendo in atto una operazione in perdita e troppo rischiosa. Caveat emptor.

Per concludere, credo che la calma apparente di questi ultimi 6 mesi sia terminata. Ai nostri Financial Advisors chiedo massima serietà e grande senso del momento storico.
Lo zeitgeist (spirito del tempo) ci richiede di mettere a disposizione dei nostri clienti prodotti che consentano di integrare i redditi per mantenere lo stile di vita. Non è il momento di accumulare ricchezza, ma di gestire professionalmente quello di cui si dispone.
I clienti devono trovare in voi un sostegno consulenziale affidabile e franco. Allianz non promette risultati irreali, offre soluzioni pragmatiche. Piedi ben piantati a terra.
Questo è lo stile della casa. Chiedete ai clienti di presentarvi la loro cerchia di contatti, in modo che con le loro referenze, cresca il vostro portafoglio. Siate dinamici in un mondo impaurito e incerto. Potete osare perchè dietro di voi avete una Società solida e seria. Avanti!
Concludo con un invito a rispettare le tre regole base per un banchiere private.
1. Non investire in quello che non si comprende bene
2. Non vendere ai clienti prodotti in cui non investiremmo noi stessi
3. Non prestare denaro a chi non si conosce davvero molto approfonditamente.

giovedì 14 marzo 2013

Rischio emittente, come difendersi.

Le obbligazioni presentano un rischio, definibile come eventuale incapacità dell’emittente di pagare gli interessi e il capitale. Questo rischio viene stimato dalle società di rating che usano una scala ordinale a sei valori:
AAA, rischio minimo
AA, rischio modesto
A, rischio medio basso
BBB, accettabile
BB, accettabile con attenzione
B, attenzione specifica con monitoraggio continuo
Questa scala ordinale può venire letta in modo intuitivo, e per solito si traduce nell’uso di aggettivi come quelli sopra indicati (cfr. Il Sole 24Ore, Guide di Plus 24, marzo 2012, n°3, Le obbligazioni, p. 33). Se poi gli aggettivi sono fatti corrispondere a stime di probabilità, non è facile capire il senso di previsioni dei rischi espresse sotto forma di descrizioni di forchette di valori di probabilità.
Queste, se lette isolatamente, cioè senza un confronto numerico in termini di aumento o diminuzione del rischio, sono ancora meno perspicue e trasparenti, per l’investitore di cultura media, delle espressioni linguistiche sopra citate. Ecco le forchette di probabilità, sempre tratte dalla guida di Plus sopra citata:
AAA, probabilità di default a 5 anni: 0,1%
AA, probabilità di default a 5 anni: da 0,16% a 0,56%
A, probabilità di default a 5 anni: da 0,63% a 0,89
BBB, probabilità di default a 5 anni: da 2,81% a 5,54%
BB, probabilità di default a 5 anni: da 8,62% a 16,27%
B, probabilità di default a 5 anni: da 21,96% a 39,23%
Se esaminiamo l’elenco sopra indicato,i valori e l’ampiezza delle forchette di probabilità di un default dicono poco all’investitore medio. Non sempre passare da una scala ordinale, come quella con gli aggettivi, a una scala intervallo, come quella con le probabilità, chiarisce le idee, soprattutto quando le forchette sono tanto ampie.
Che cosa significa, intuitivamente, una percentuale di default dello 0,1% nei prossimi cinque anni? C’è un’ambiguità ancora maggiore rispetto a dire che, per domani, le probabilità che piova sono il 33%, cioè una su tre. Che cosa implica? Vuole forse dire che in giornate, per cui è stata fatta in precedenza questa previsione, piove una volta su tre? Oppure, che invece di piovere sempre, domani avremo pioggia per un terzo del tempo? Oppure che giornate simili a quella di oggi precedono una giornata piovosa una volta su tre? E così via ... .
Nella tabella precedente, tratta dalla guida di Plus, l’unico elemento perspicuo, leggibile immediatamente, è la constatazione di un salto, percepibile a occhio, nel rischio associato a una tripla AAA rispetto alle obbligazioni meno sicure, dalle doppie AA in giù. Si passa dall’1 per mille al 16/56 per mille, cioè a una forchetta di sedici-cinquantasei volte maggiore! Da una volta su mille delle AAA, a sedici volte su mille delle AA, come minimo! In realtà la stessa forchetta della AA è molto ampia, perché spazia da 16 a 56. Quindi una AA può arrivare ad avere persino 56 probabilità in più di default ri- spetto a una AAA.
Come abbiamo già ricordato, la ricerca della massima sicurezza ha indotto nel 2012, e continua a indurre molti anche nel corso del 2013, a mettere i risparmi in titoli tripla AAA, che diventano sempre più rari e ambiti, pur offrendo rendimenti reali fortemente negativi.
possibile di rischi. Oggi molti si domandano come mai la paura è tale da indurre ad acquistare Bund a 10 anni, cioè obbligazioni governative triple AAA, il cui rendimento è inferiore all’inflazione. I momenti di massima paura, come vedremo meglio più avanti, andrebbero forse più saggiamente intesi non come motivazione e stimolo per rifugiarsi in una tripla AAA, ma come un segnale di un punto di svolta, un concetto che abbiamo già analizzato.
Perché è così difficile, così anti-intuitivo, vedere nella paura un segnale per il futuro, un contrassegno di un presente o prossimo punto di svolta, invece che un effetto psicologico che si associa a un pericolo o a un danno del passato che ci ha reso ansiosi? La risposta è semplice. Per solito, nel corso della vita, in molti scenari, è saggio e prudente evitare quello che in precedenza ci ha causato molta paura. Cerchiamo di non ricadere nelle situazioni in cui abbiamo corso grandi pericoli. Purtroppo, trasferendo questa stessa strategia ai mercati azionari, facciamo scelte meno sensate, giustificate solo sul piano emotivo. Per esempio, abbiamo più paura della borsa quando questa è scesa a lungo e ci ha fatto soffrire. E allora vendiamo, quando invece sarebbe il momento per fare l’opposto, o, almeno, per non vendere. La paura, di solito, serve a renderci meno vulnerabili, ma in questi scenari specifici,
viceversa, non ci induce a fare quello che sarebbe conveniente per i nostri risparmi. Per ora limitiamoci a osservare che, normalmente, in tutti gli scenari pericolosi, esclusi quelli economico-finanziari, spesso il comportamento adattivo e razionale consiste non solo nell’avere paura, ma anche nel ricordarsi delle paure del passato. E’ il ricordo delle paure che ci tiene lontani dai pericoli.
I risparmiatori americani hanno subito, in questi primi dodici anni del nuovo secolo, due docce fredde: quella iniziata nel 2000 e quella dell’ultima crisi. Quando poi, nel marzo 2009, le azioni erano molto economiche, almeno su base storica, i più non ne hanno approfittato perché, in meno di un quindicennio, avevano già sofferto per ben due volte. E neppure gli esperti l’hanno fatto più che tanto, dato che i gestori dei fondi pensione statunitensi si sono comportati come quelli bri- tannici (cfr. dati già presentati). Ma sono stati soprattutto gli investitori singoli ad aver perso l’occasione di cavalcare il più forte incremento dei mercati statunitensi dal 1998 (5.6 trilioni di crescita dal marzo 2009 e 481 società su 500 dello S&P 500 con incrementi di valore, per un’analisi dettagliata lyhomasson@bloomberg.net ).
La paura col tempo si attenua, ma il suo dissolversi è completo solo quando arriva una nuova generazione. Bisogna che svanisca la memoria della precedente generazione, sostituita dalla successiva, quella che non è stata scottata. Quando un risparmiatore (soprattutto maturo: un sessantenne o un settantenne, e quindi privo di un orizzonte senza limiti di fronte a lui), ha subito due mercati orso dal principio del secolo, e se li ricorda bene perché ci è cascato dentro, evita di cascarci per una terza volta perché teme il classico: “non c’è due senza tre!”. Nel 2009 il valore delle azioni era basso su base storica, e si sarebbe potuto sperare nell’azione del fattore “regressione verso la media”, la tendenza cioè a riallinearsi ai valori storici, quando ci si è molto distaccati da essi, sia andando troppo in alto rispetto alla media storica che calando troppo in basso. Ma l’emozione “paura” è più forte del ragionamento “ci sarà un ritorno verso la media”, e così l’investitore “maturo” non ci si è avventurato, proprio perché riteneva di esser diventato saggio e di aver imparato a tener conto delle sue esperienze passate. E così ha finito per trascurare la svolta più rilevante, e la più grande occasione di guadagno capitata in questo secolo.
Resta poi un’altra domanda, dal punto di vista della razionalità economica: come mai, dal 1998 al 2008, per un intero decennio, i mercati differenziavano assai poco i rendimenti dei Bund, i titoli governativi tedeschi, rispetto ai Btp, quelli italiani? Solo alla fine del 2011 è scoppiata la febbre dello “spread”, cioè della differenza di rendimento tra il governativo decennale tedesco e quello italiano. Eppure la probabilità di default in termini di rating era già allora assai diversa, perché differenti erano le valutazioni delle agenzie. Questo fatto dimostra ancora una volta che sono la reputazione e la paura, e non soltanto la misura del rischio oggettivo, ove questa è possibile, a influenzare la differenza di rendimenti tra i titoli governativi dell’area euro.
A questo fattore psicologico, la paura, se ne aggiunge un altro, ancora più paradossale, connesso al tentativo degli operatori esperti di anticipare gli eventi, formulando previsioni sul futuro e dando per scontate tali previsioni. Dato che passare da una valutazione AAA a una valutazione AA comporta un aumento del rischio di almeno sedici volte, ci aspetteremmo che questo cambiamento del livello di rischio sia correlato a un grande cambiamento nel valore del titolo (più rischio = rendimento più alto = prezzo più basso basso).
Ma é sempre così ?


Considerazioni sui mercati di Marzo

Questa settimana i mercati sembrano aver accettato le instabilità politiche e le negligenze di alcuni dirigenti come nuove componenti dell'equilibrio macroeconomico mondiale.
In effetti, malgrado l'abbattimento di una parte della spesa pubblica americana, lo stallo politico italiano e un nuovo salvataggio finanziario Europeo (Cipro), il Down Jones ha raggiunto il suo massimo storico in chiusura. Inoltre, le ultime cifre sull'occupazione negli Stati Uniti confermano la compattezza della ripresa.
Sulla scia dei mercati americani , i mercati europei si sono ripresi, grazie all'aiuto delle buone pubblicazioni sulle società.
Il prezzo dell'oro non è più stato in grado di superare la soglia di 1600$, con un cambio €/$ che si è ormai stabilizzato intorno all'1,30; ciò può essere visto come un segno di ritrovata fiducia da parte degli investitori, che si è rivelata più matura del previsto.
Le tendenze dei mercati saranno segnate da turbolenze fino a quest'estate, ma i mercati azionari hanno già assorbito due grandi avvenimenti negativi (la delusione elettorale italiana e le restrizioni di bilancio negli Stati Uniti).

sabato 9 marzo 2013

Rischio

Molte scienze moderne non potrebbero funzionare se non si potesse utilizzare il concetto di probabilità e le sue misure. L’economia e la finanza non fanno eccezione. Il concetto di rischio, così importante nella teoria del portafoglio, ed è collegato alla nozione di probabilità.
E’ quindi essenziale fare chiarezza su alcuni concetti di base: la probabilità spesso inganna, e noi ci auto-inganniamo con essa.Invece di partire da una definizione generica di probabilità, partiamo dalla certezza. Se siamo certi che qualcosa è accaduto, possiamo dire che la probabilità corrispondente a questo evento è 1, se siamo certi che un evento non è accaduto, allora la sua probabilità è zero. Quindi possiamo, in via preliminare, dire che la probabilità sta tra 0 e 1: entrambi questi valori indicano due certezze.

In mezzo ci sta la probabilità. Nel senso comune qualcosa è improbabile o probabile nei casi in cui non è certo né che sia sì, né che sia no.Per capire come funziona la probabilità, soprattutto quella che interessa i risparmiatori, va fatta una distinzione preliminare: la probabilità corrispondente alle cose che succedono nel mondo va separata dalla probabilità filtrata dalle nostre menti, creando quelli che spesso sono inganni e, in campo economico e finanziario, purtroppo, auto-inganni. Per illustrare questa distinzione mi servirò di un aneddoto raccontato da Carlo Rovelli:Nell’istituto dove lavoravo qualche anno fa, una malattia rara non infettiva colpì cinque colleghi, a poco tempo l’uno dall’altro. L’allarme fu forte e si cercò la causa del problema. Pensammo che ci fossero contaminazioni chimiche nei locali dell’istituto, ma non fu trovato niente. L’apprensione crebbe e qualcuno, spaventato, cercò lavoro altrove. Una sera raccontai questi eventi a una cena, e un amico matematico si mise a ridere: “Ci sono 400 piastrelle sul pavimento di questa stanza; se lancio 100 chicchi di riso per terra – ci chiese – troveremo cinque chicchi sulla stessa mattonella?”. Rispondemmo di no: ci sarebbe stato solo un chicco ogni 4 piastrelle. Sbagliavamo: provammo molte volte a lanciare davvero il riso e c’era sempre qualche mattonella con due, tre, e anche cinque o più chicchi. Perché mai? Perché chicchi “lanciati a caso” non si dispongono in bell’ordine, a eguale distanza l’uno dall’altro. Atterrano appunto, a caso, e ci sono sempre chicchi disordinati che arrivano su piastrelle dove sono arrivati anche altri chicchi. D’un tratto, il problema dei cinque colleghi malati prese tutt’altro aspetto. Cinque chicchi di riso sulla stessa mattonella non significano che la mattonella possieda forze attira-riso. Cinque persone malate non significano che il nostro istituto fosse contaminato … Noi professori sapientoni eravamo caduti in un errore di statistica, ci eravamo convinti che il numero fuori media di malati richiedesse una causa. Avevamo confuso la media con la varianza (Domenicale de IlSole24Ore, 23.1.2013).Qual è la morale di questa storiella che a noi qui interessa? Ricordate le statistiche che ho chiamato dis-umane, in quanto coprivano archi temporali troppo lunghi per gli uomini? Mi riferisco alle statistiche che mostravano la forte superiorità delle azioni su altri tipi di investimenti su un arco di 110 anni. Queste statistiche ovviamente non servono a un consulente che ha a che fare con i clienti, ma sono utili per fare un ragionamento rivolto a chi è convinto comunque della superiorità delle azioni.I 110 anni della statistica corrispondono appunto alle 400 piastrelle. La superiorità delle azioni non si è distribuita equamente per tutti i 110 anni. Nella prima metà del secolo scorso, con guerre e dittature, il premio al rischio è stato molto inferiore mediamente al premio al rischio della seconda metà, in cui i guai sono stati temuti, ma per fortuna non sono mai accaduti (per esempio la guerra fredda si è dissolta). Come ho già mostrato, se andiamo ancora più in dettaglio, ad esempio all’inizio di questo secolo, iniziato nel 2000, abbiamo registrato forti punti di svolta da un triennio all’altro: la media è per l’appunto una media, e mostra molta varianza, cioè oscillazioni nel tempo.Questi sono tutti dati oggettivi, e si rivolgono al passato: sono stati registrati e codificati, proprio come quando provate a contare quanti chicchi cascano su ognuna delle 400 piastrelle. Ma ecco una differenza sostanziale: nel caso delle piastrelle potete fare un esperimento e potete ripeterlo più volte. Per esempio: lanciare per 100 volte di fila i chicchi e contare ogni volta quanti ne sono caduti su una particolare piastrella. Questo non lo possiamo fare con le registrazioni del premio al rischio perché ognuno dei 110 anni è capitato una sola volta e non è ripetibile: non sono eventi riproducibili a piacere, come in un esperimento. Quindi non si può estrapolare, cioè ricavare, quella che sarà la probabilità del prossimo anno sulla base della media dei 110 anni precedenti. Possiamo solo dire che ci aspettiamo che, anche nei prossimi 110 anni, ci sia una superiorità delle azioni sul resto, e cioè un certo valore del premio al rischio. Ma di quale entità? Non lo sappiamo, come si è già detto nella lezione n° 20 (24.1.13). Se poi passiamo dal passato al futuro il quadro si fa ovviamente più incerto. Ma è il futuro che interessa al risparmiatore, non certo le statistiche del passato, e tanto meno quelle dis-umane tratte da periodi ultrasecolari. Nell’Economist del 26 gennaio 2013 (p. 61), Buttonwood si esercita nelle previsioni relative alla prossima decade, provando a proiettare i rendimenti delle varie asset class registrati alla fine del 2012. L’esercizio si applica alle tre grandi aree di interesse per l’Economist: Stati Uniti, Europa e Gran Bretagna. Se teniamo presente i valori corretti per l’inflazione, come nella tabella seguente, il quadro per le obbligazioni governative è deludente: è probabile che non copriranno neppure l’inflazione presente in tutte e tre le grandi aree. Un po’ meglio farà il credito, cioè le obbligazioni non governative. Per le azioni il calcolo è più complesso, e la forchetta di valori prevista è molto ampia, basandosi sui rendimenti attuali e sulla possibilità che si ritorni alle medie storiche del passato (ma quale è l’intervallo temporale da prendere in considerazioni? Il decennio appena trascorso o un intervallo più lungo?). Forse le sorprese più positive verranno dagli immobili, dopo un così lungo sacrificio in tutte e tre le aree, anche se la previsione è strettamente collegata alla forza e alla durata della ripresa economica. I rendimenti attuali degli immobili, sopra la media storica dati i prezzi sacrificati, farebbero ben sperare (forse non in Italia, dove la situazione è particolare, dato il mix di mancata crescita, sia economica che demografica, e di impoverimento della prossima generazione). Immaginiamo che le ampiezze delle forchette siano sensate e che il rendimento effettivo della prossima decade stia in mezzo. Supponiamo inoltre di costruire un portafoglio fatto per metà in azioni e per il resto suddiviso equamente in liquidi, obbligazioni governative e non, e immobili. Dovremmo aspettarci un rendimento del 2.2% negli USA e del 3.3% in Europa. Non eccitante, ma non male, se le cose andassero veramente così.Dato che c’è forte interesse circa che cosa succederà in futuro, si è provato a introdurre delle misure volte a misurare le aspettative, per lo meno a breve termine. Si badi bene che qui andiamo su un terreno nuovo: le aspettative non si registrano nel mondo, su quello cioè che è successo in passato (vedi sopra), come nel caso dei 100 chicchi caduti sulle piastrelle o i premi al rischio corrispondenti a ciascuno dei 110 anni passati. Le aspettative sono dentro le teste delle persone. Dato però che le persone agiscono in base a quello che si aspettano, possiamo andare a misurare le loro azioni, o, più esattamente, il costo delle loro azioni. Poniamo che voi temiate che un indice azionario, per esempio lo S&P500 possa nel futuro scendere. Allora potete assicurarvi contro questa eventualità e, ovviamente, l’assicurazione ha un costo. Il costo dell’assicurazione è una misura indiretta delle aspettative presenti sul mercato. Non nella testa di una specifica persona, ma nella media ponderata di tutti gli operatori (alcuni contano più di altri perché è la massa delle assicurazioni che conta, non il numero delle persone che si assicurano).Il Chicago Board Options Exchange Volatility Index, più brevemente VIX, è appunto un indice che misura il costo di usare opzioni per assicurarsi contro perdite del S&P 500, fortemente salito in gennaio 2013. L’indice della volatilità dello S&P 500 relativo a 5 giorni, una misura della oscillazione dei prezzi sul breve, è crollato nel mese di gennaio al valore più basso dal 2005. Per dare un’idea ora è sotto il 5%, mentre alla fine di dicembre 2012, quando si temeva per l’accordo in prossimità del baratro fiscale, aveva raggiunto il valore di 26. E’ evidente però che questo modo di misurare le aspettative ha un respiro corto, rispetto a quello costruito estrapolando dal passato per periodi lunghi come un decennio. Il primo è una misura delle aspettative a breve diffuse nel mercato, ed ha un prezzo perché è una sorta di assicurazione quotata, il secondo invece è basato su tecniche più precarie che contemplano leproiezioni dei valori del passato, il ritorno sulle medie storiche e, soprattutto, l’assenza di eventi eccezionali, come guerre e terrorismo o altri incidenti inattesi e negativi. Però ha il vantaggio di riferirsi a intervalli futuri medio-lunghi.Infine va osservato che anche il VIX non corrisponde ai timori dell’investitore medio, cioè della stragrande maggioranza dei non esperti, perché è un indice che misura le oscillazioni, in certo qual modo un indice che misura i timori più che i dolori. Per avere un indice corrispondente ai soli dolori, questo dovrebbe dare un peso maggiore all’entità delle discese, che è quello che i risparmiatori temono. E tutto ciò spiega come mai i risparmiatori, per lo più, non siano investiti nei modi suggeriti dall’Economist, ma premino le obbligazioni, governative e non, rispetto alle azioni.Eppure sono le forti crescite delle azioni a dare i rari momenti di felicità. Alla nostra generazione è accaduto nel 1997-1999, e nel 2009-2011. Forse due attimi su un intervallo semisecolare. Per la maggioranza dei risparmiatori vale probabilmente quanto osserva Alice Munro alla fine del racconto La luna nella pista di pattinaggio (Il percorso dell’amore, Einaudi, 2007, p. 172): “Chissà se quei momenti significano davvero, come sembra, che avremmo a disposizione una vita felice nella quale ci imbattiamo, consapevolmente, solo qualche rara volta? Chissà se gettano su quel che precede e quel che segue, tutto ciò che è accaduto nella nostra vita, o che noi abbiamo fatto accadere, una luce tale da rendere ogni cosa trascurabile?”

martedì 5 marzo 2013

Elezioni Italia & Tagli Spesa Usa

L’Italia è tornata a tormentare i mercati finanziari al termine delle elezioni, che non hanno fatto emergere nessuna maggioranza al Senato.
Le indecisioni e i voti di protesta italiani hanno ravvivato furtivamente i timori degli investitori su una nuova crisi sistemica e istituzionale nella zona Euro.
Tuttavia i mercati azionari si sono rapidamente ripresi e, malgrado l’aumento dei tassi d’interesse delle obbligazioni governative (+50pb sui titoli di stato a 10 anni), il Tesoro italiano ha collocato con successo i titoli emessi, già l’indomani del verdetto delle urne.
I mercati del credito, anche se leggermente colpiti sulla parte sud-europea, resistono e attirano sempre buoni flussi dai risparmiatori. Inoltre, le pubblicazioni delle società mostrano tuttora una grande solidità di bilancio e una buona generazione di flussi di cassa.
Quando il contesto fiscale e politico si sarà stabilizzato (in Europa come negli Stati Uniti), le società potranno riprendere il loro ciclo d’investimento, ad oggi lasciato in sospeso, e/o realizzare delle operazioni di crescita verso l’esterno.
I mercati azionari rimangono ormai uno dei rari ecosistemi finanziari dove gli agenti economici possono beneficiare del ripristino delle forze che costituiscono la globalizzazione, lo sviluppo dei consumi emergenti, l’innovazione e la creazione di valore per il miglioramento dei margini d’impresa.

Il mancato accordo sul debito americano FISCAL CRIFF ( baratro fiscale ) potrà solo aumentare la volatilità sui mercati in particolar modo sui titoli di stato, creando mini bolle speculative e anche sui mercati azionari magari sui titoli che potrebbero risentire maggiormente dei tagli di spesa.

Valute - Il cambio EURO / dollaro ieri a 1,30 potrebbe determinare buoni spunti speculativi
(valutare quanto l'investitore é amante del rischio), e fare delle considerazioni sul possibile deprezzamento ( svalutazione voluta ) di una moneta…. considerando che la “valuta” americana ha una banca unica e che può intervenire molto più liberamente sui mercati della concorrente banca Europea.