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giovedì 23 maggio 2013

Mutui, crisi immobiliare

La crisi immobiliare é acuita delle Banche che in crisi di liquidità , non  erogano più i mutui o se li erogano, molte banche hanno anche variato la percentuale di erogazione. Infatti, generalmente l'importo massimo del mutuo era 80% del valore dell'immobile, oggi molte banche sono scese a 60%.
Se andiamo  ad analizzare le condizioni contrattuali ci accorgiamo che:
Nel periodo antecedente la crisi Euribor ( per i mutui a tasso variabile ) era circa di tre punti a cui si aggiungeva lo spread ( questo non è lo spread sui titoli di stato ) che si attestava tra 1% - 1,5% quindi si otteneva un tasso medio del 4% - 4,5% con il tasso Euribor in discesa oggi del 0,12 %, il mutuatario  che ha contratto un mutuo a tasso variabile, oggi paga ad un tasso intorno all'1% o poco più, con benefici importanti per la propria tasca.
Oggi, con un tasso Euribor, così basso, le banche applicano sui nuovi mutui uno spead che si attesta intorno al 4% - 5,5% in virtù del maggior rischio , determinando così una rata di mutuo come minino oltre il 4%. 
Questa impennata di tassi finali ha toccato anche i tassi fissi , se aggiungiamo la riduzione dell'importo erogato e se consideriamo che la percentuale di pratiche declinate é aumentata in maniera considerevole, tutto questo si ripercuote sul mercato immobiliare. I prezzi degli immobili stanno scendendo anche perché chi vorrebbe comprare, non riesce ad avere il mutuo e per le tasse che ricadono sugli immobili , l'incertezza delle rivalutazioni catastali e delle rendite che aleggiano minacciose sulle case che aumenterebbero ancora la pressione fiscale. Altro grave problema è la crescita degli affittuari che non pagano. Ovviamente, con i tempi e i costi della nostra "giustizia" si agevola chi non paga.



OCSE: Cina prima economia mondiale nel 2016

Come noto la Cina è attualmente impegnata nel ribilanciamento dell’economia dalle esportazioni ai consumi interni, come delineato nel Piano Quinquennale. L’obiettivo del Governo di Pechino è di rendere la crescita economica cinese più bilanciata e sostenibile, meno dipendente dall’economia internazionale e con un maggior contributo dei consumi interni al PIL. 
Negli ultimi 2 anni sono state varate numerose riforme, a partire da aumenti massicci dei salari minimi in molte città proprio per favorire il passaggio da un modello orientato alle esportazioni ad uno orientato ai consumi interni. Il Governo ha inoltre posto obiettivi di crescita più contenuti rispetto ad alcuni anni addietro, ponendo invece l’accento sulla qualità della crescita oltre alla quantità.
Poiché gli investitori sembrano essere divisi circa l’efficacia delle politiche economiche cinesi, riteniamo possa risultare particolarmente interessante l’approfondita ricerca dell’OCSE rilasciata a fine marzo, nella quale si approfondiscono le prospettive economiche della Cina, che secondo questo studio diventerà la prima potenza economica mondiale già nel 2016. 
Riportiamo di seguito alcuni passaggi particolarmente interessanti sullo scenario attuale e le previsioni dell’OCSE per lo sviluppo futuro dell’economia cinese:

SCENARIO ATTUALE
Nonostante la difficile congiuntura internazionale, negli ultimi anni l'economia cinese ha fatto osservare una rapida espansione. La fase di ribilanciamento dell’economia avanza a grande velocità. La crescita è trainata più dai consumi che non dagli investimenti e l'inflazione è tornata sotto controllo. Quindi a dispetto della perdurante fragilità del contesto economico globale, la crescita in Cina ha ritrovato il giusto slancio, sostenuta dalle politiche di allentamento monetario e dalla spesa in infrastrutture. Se necessario, ci sono inoltre i margini necessari per ulteriori incentivi monetari e fiscali.

PREVISIONI
La Cina ha già superato l'Eurozona e diventerà la prima economia al mondo nel 2016 circa. Quasi un quarto della popolazione vive nelle città, dove il reddito pro capite è pari a quello di alcuni paesi dell'OCSE. La migrazione dalle campagne verso le città e l'abbandono dell'attività agricola a favore di settori e servizi a elevata produttività continuerà ad alimentare la crescita. Se saranno implementate le riforme delineate nel dodicesimo piano quinquennale (2011-15) e nelle conclusioni del tredicesimo Congresso del partito comunista cinese (novembre 2012) il rapido miglioramento degli standard di vita continuerà.
Gradualmente il renminbi (la moneta cinese) inizierà ad essere più utilizzato oltre i confini nazionali e i vincoli apposti sugli afflussi e i deflussi di capitale saranno allentati. I costanti progressi in questa direzione non potranno che supportare la crescita della Cina.

(Per vostra lettura la versione integrale del documento in Inglese è disponibile online: "OECD Economic Surveys CHINA, March 2013").

Nonostante questi importanti fattori di crescita citati dall’OCSE il mercato azionario cinese (v. MSCI China) non ha brillato nei primi mesi dell’anno, fatta eccezione per alcune delle società legate ai consumi interni. Parte della spiegazione può essere riconducibile all’atteso cambio alla guida del Paese e più recentemente le misure restrittive introdotte nel settore immobiliare per dissipare i dubbi su possibili bolle. In una intervista Catherine Yeung, Direttore degli Investimenti azionari asiatici di Fidelity Worldwide Investment circa le prospettive per il mercato Cinese, ha detto :
“Il cambio al vertice della Cina è avvenuto all’insegna della continuità e riteniamo che con tutta probabilità il governo proseguirà sulla strada tracciata, seguendo le linee del piano quinquennale in vigore, che come noto è incentrato sul ribilanciamento dell’economia dalle esportazioni a favore dei consumi interni".
Complessivamente, sia per il settore immobiliare che più in generale nel mix di politiche adottato dal governo, i nuovi leader della Cina sembrano dunque intenzionati a mantenere un approccio improntato al "giusto equilibrio".
Rispetto al resto del mondo, la crescita in Cina registra tuttora valori molti positivi. Anche su questo fronte, però, occorre mantenere il giusto equilibrio. Una crescita fuori controllo, infatti, renderebbe necessario intervenire con una politica più restrittiva. Inoltre, il governo e le autorità di regolamentazione si stanno adoperando per rendere accessibili le azioni A, ad esempio aumentando le quote di investitori istituzionali esteri qualificati (QFII), e questo ci ha permesso di cogliere alcune opportunità d'investimento molto interessanti, soprattutto considerato il livello appetibile dei multipli.
Un fattore chiave poi è quello della liberalizzazione di numerosi settori, attualmente caratterizzati da una massiccia presenza di aziende statali. I cinesi vogliono aprire il proprio mercato, consentire l'accesso a concorrenti esteri e promuovere il settore privato. Pertanto vi sono numerosi motivi per ritenere che le liberalizzazioni continueranno. In particolare è molto probabile che sia varata anche la riforma dei tassi d'interesse, per consentire alle banche di fissare autonomamente i propri tassi sui depositi e sui prestiti, come avviene nei mercati sviluppati, contribuendo ad una maggiore efficienza del settore del credito”.

Complessivamente si ritiene che vi siano prospettive di medio-lungo periodo particolarmente positive per le società meglio posizionate per beneficiare della crescita dei consumi in Cina, mentre prosegue la corsa della Cina verso una posizione di leadership economica a livello mondiale, con l’atteso sorpasso sugli Stati Uniti, con quanto ne consegue anche in termini di internazionalizzazione e apprezzamento del Renminbi.





sabato 4 maggio 2013

Aggiornamento Flash dopo il taglio dei tassi di ieri in Europa

Il 2 maggio 2013, il Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea ha deciso di tagliare il tasso di rifinanziamento dell'Eurozona di un quarto di punto, portandolo dallo 0,75% al minimo storico dello 0,5%.
In termini di implicazioni per gli investimenti, questa decisione della BCE, peraltro ampiamente prevista (veniva data all’85% di probabilità), non sposta di molto le cose, ma almeno pone fine all’inazione della BCE, in anacronistico isolamento rispetto alle altre principali Banche Centrali del mondo sviluppato. Questo aumenta, almeno dal punto di vista ‘estetico’, il fronte delle Banche Centrali impegnate a sostenere l’attività economica e le attività finanziarie.

Infatti, durante la conferenza stampa, mario Draghi ha ribadito il suo impegno al fine di garantire liquidità e prestiti al settore privato. In particolare, il Consiglio Direttivo ha deciso di iniziare delle consultazioni con altre istituzioni al fine di riattivare il mercato dei titoli garantiti da prestiti emessi dalle banche. Per quanto importanti, tali decisioni difficilmente avranno un impatto materiale (e i tassi EONIA e EURIBOR si muoveranno ben poco, essendo già a 8bp e 0,5% sulla scadenza a 12 mesi).

Insomma, buone le intenzioni, ma con risultato incerto per quanto riguarda la possibilità di attenuare il credit crunch nei Paesi europei periferici, ovvero la scarsità e/o onerosità relativa dei prestiti, in particolare alle piccole e medie imprese non finanziarie; ecco il motivo per cui i mercati europei hanno mostrato direzione incerta a ridosso della conferenza di Draghi, anche se poi nelle borse internazionali è prevalso l’ottimismo. Piazza Affari è stata la più volatile chiudendo praticamente invariata, dopo aver guadagnato l’1,5% ed essere arrivata a perdere oltre l’1% nella stessa seduta.

L’effetto maggiore delle decisioni della BCE si è sentito sul cambio: a seguito dell’apertura di Draghi alla possibilità di portare in territorio negativo i tassi corrisposti sulle riserve libere che le banche ridepositano presso la Banca Centrale (tasso Repo), la moneta unica si è indebolita. Fatto che non dispiace certo all’economia del Vecchio Continente.