«Essere Financial Advisor da sempre è stato il mio credo. Condividere con il mio Cliente, la mia disponibilità, la sicurezza, la trasparenza, la solidità e la serietà. Questo si ottiene solo se la cultura finanziaria viene condivisa e vissuta con il mio Cliente. Aiutami ad aiutarti.»

venerdì 20 dicembre 2013

Unione bancaria, accordo raggiunto all'Ecofin

Cosa cambia dopo che l'Ecofin ha raggiunto l'accordo sul meccanismo che farà fallire le banche in modo controllato (Srm), senza che la loro crisi metta a rischio il sistema finanziario o gli Stati.

L'intesa, fu definita "storica" dal ministro dell'Economia italiano Fabrizio Saccomanni, è stata trovata dopo oltre 12 ore di negoziati e preceduta, dall'accordo dellEurogruppo.

L'obiettivo generale del progetto è quello di evitare nuove crisi della zona euro, spezzare il legame fra le crisi finanziarie e quelle dei debiti pubblici dei Paesi e ripristinare la fiducia degli investitori nel settore. 

Il compromesso sul ruolo altamente controverso del "backstop" prevede l'intervento degli Stati solo in via temporanea e, nel caso fossero necessari degli esborsi, "il settore bancario sarà responsabile del ripagamento attraverso prelievi ex post in tutti gli stati partecipanti". Su questo punto c'erano le divergenze maggiori. Alla fine l'Italia è riuscita a ottenere dalla Germania quello che voleva: uno strumento di garanzia che intervenga a fornire liquidità in ultima analisi ("backstop" o paracadute finanziario), per evitare che le crisi diventino ingestibili se un istituto in risoluzione ha finito i fondi cui attingere.

I ministri hanno inoltre concordato sull'istituzione di un'agenzia in modo tale da risolvere i problemi delle banche al più presto prima che la Bce inizi il nuovo corso di politica monetaria.

L'accordo dovrà ora passare al vaglio del Parlamento Ue e poi di nuovo all'Ecofin. Il meccanismo entrerà in vigore nel 2016. Assieme a quello di vigilanza gestito dalla Bce, che sarà operativo dal prossimo novembre, sarà alla base dell'Unione bancaria.

I commenti. Come detto, Saccomanni ha parlato di "risultato storico", paragonabile a "un'altra storica conclusione che era quella dell'unione monetaria". Anche in questo caso, aggiunge il ministro dell'Economia, "nei prossimi mesi si lavorerà". E ha sottolineato che grazie a quest'accordo "è stato esorcizzato il pericolo che si ripeta quello che è successo con Lehman Brothers". 

Il ministro dell'Economia ha quindi spiegato che in base all'intesa "i fenomeni di crisi saranno gestiti in maniera ordinata per evitare il contagio ad altri sistemi bancari", le decisioni sul default ordinato di una banca "verranno prese in 24 ore". L'accelerazione dei tempi è stata decisa "dopo le pressioni del presidente della Bce Mario Draghi a cui ci siamo associati anche noi". Secondo l'accordo, "tutte le strutture devono lavorare in un'ottica di estrema rapidità" e "i timori sollevati da alcuni sul coinvolgimento di altre strutture e persone sono stati esorcizzati". La Germania ha dovuto cedere sui "backstop": "Siamo riusciti a creare consenso sulla creazione di uno strumento o veicolo di backstop che è diverso dall'Esm ma che opera con finalità di gestione della crisi e controllo dei contagi". Per il ministro il principio è che il sistema sia finanziato dalle banche stesse, ma se c'è necessità di intervento di liquidità "viene fornito con garanzie dei governi attraverso strutture mutuali e contributi di altri Paesi, perché si riconosce che è bene risolvere una crisi anche con fondi accantonati da altri per evitare che la situazione diventi ingestibile".

In buona sostanza, ha proseguito Saccomanni, si tratta della "creazione di strutture di mutuo soccorso, e non a caso si usa la parola mutualizzazione di strutture finanziarie, che assicura che i fenomeni di crisi siano gestiti in maniera ordinata e tale da non avere ripercussioni negative su altri sistemi bancari proteggendo i depositanti, coloro che hanno i loro risparmi investiti in istituzioni finanziarie e al tempo stesso limitando l'onere per i contribuenti delle operazioni di salvataggio".

Soddisfatto anche il commissario europeo al mercato interno Michel Barnier. "Finisce l'era dei salvataggi bancari massicci e dei conti pagati dai contribuenti", ha detto sottolineando che l'accordo sul meccanismo unico di risoluzione delle banche, che "porterà stabilità finanziaria e migliori condizioni di finanziamento all'economia reale".

I contenuti dell'intesa. Vengono stabilite fondamentalmente due cose. La prima: gli Stati daranno vita ad un fondo salva-banche unico, finanziato con prelievi sugli istituti di credito a livello nazionale. Inizialmente sarà formato da compartimenti nazionali che alla fine confluiranno in un unico fondo nel giro di dieci anni. Nel primo anno, le banche in default controllato potranno attingere solo al fondo del proprio Paese, ma negli anni successivi, man mano che il fondo cresce, ci sarà una mutualizzazione progressiva delle risorse.

Il "backstop" o paracadute voluto dall'Italia assicura che nella fase iniziale del fondo, dopo l'auto-salvataggio o 'bail-in' delle banche che assegna le perdite ad azionisti, obbligazionisti e grandi depositi, se a una banca serviranno ancora fondi, si potranno avere "finanziamenti ponte" da parte degli Stati o del fondo salva-Stati Esm. Saranno possibili anche i prestiti tra compartimenti del fondo salva-banche. Per Saccomanni il principio è che il sistema sia finanziato dalle banche stesse, ma se c'è necessità possono intervenire garanzie dei governi.

La seconda componente del meccanismo di risoluzione unico è l'autorità che prende la decisione di far fallire una banca in difficoltà: sarà un board formato da rappresentanti delle autorità nazionali, che agirà su impulso della Bce. Saranno gli Stati ad avere l'ultima parola, perché la Commissione, che avrebbe voluto voce in capitolo, è stata invece in pratica estromessa. La decisione su come e quando "risolvere" una banca sarà presa in 24 ore, come voleva la Bce. Il meccanismo unico di risoluzione si applicherà a tutte le banche supervisionate dalla Bce, entrerà in vigore il 1 gennaio 2015, mentre le regole del 'bail-in' ( In principio fu Cipro e tutti (o quasi) gridarono allo scandalo. Ma il prelievo forzoso sui depositi bancari sopra i 100 mila euro in caso di dissesto finanziario rischia di essere cosa fatta. Magia del “bail in” ossia salvataggio “da dentro” in vigore dal 2018 su scala Ue. Toccherà ai singoli Paesi decidere se coinvolgere o meno e in quale misura i correntisti. Per carità. Ma la sola idea fa tremare i polsi ai comuni mortali) si applicheranno esattamente un anno dopo

A volte succede che la notte porti consiglio.  E così è accaduto a Bruxelles.

Poco dopo la mezzanotte,  dopo giorni di sfiancanti trattative, i ministri delle finanze  europei, Germania compresa,   hanno raggiunto un accordo sul meccanismo di salvataggio delle banche. 

Necessario per concludere la tanto ricercata intesa sull'unione bancaria, voluta e caldeggiata da Mario Draghi.

In sostanza si è deciso che, visto che siamo tutti sulla stessa barca europea, è giusto e corretto che i rischi vengano condivisi. Per questo è stato istituito un fondo comune per i salvataggi, finanziato dalle banche stesse, e completato progressivamente in dieci anni a partire dal 2015.

Con la possibilità di usare anche  un temporaneo "salvagente", il cosiddetto backstop, che opererà in parallelo al fondo salva stati Esm, per liquidare, quando necessario, la banca in difficoltà senza scatenare il tanto temuto effetto domino sugli altri istituti. 

Per evitare insomma che si ripeta un caso Lehman Brothers,  ancora incubo di tutti gli operatori finanziari. 

Ma nelle stesse ore è stata presa anche un'altra decisione, forse non storica, ma certamente destinata a impattare sulla finanza e sull'economia mondiale. 

Dopo cinque anni di iniezione senza condizioni di liquidità sul mercato, la banca centrale americana ha deciso di cominciare a ridurre l'aiuto, il cosiddetto stimulus. E così Bernanke ha annunciato che  la Fed ridurrà a 40 miliardi di dollari al mese gli acquisti di titoli di stato contro i 45 miliardi di dollari attuali e a 35 miliardi di dollari quelli di titoli legati ai mutui dai 40 miliardi attuali.

Il mercato, quello di Wall Street, per ora ha reagito con i nervi saldi. Vedremo come reagiranno le piazze europee. Anche perchè  Bernanke ha comunque  rassicurato i mercati: una politica monetaria molto accomodante resta appropriata, ha detto.

E i tassi resteranno bassi fino a che il tasso di disoccupazione non sarà sceso saldamente sotto il 6,5%.

Conclusione, occhio alle banche dove si investe e bisognerá stare attenti a concentrarsi anche sulle obbligazioni bancarie. 




mercoledì 18 dicembre 2013

Conti deposito ...sono partiti i SALDI

Non posso non dire , l'avevo detto.
Ora chi ha "piazzato" sfruttando queste opportunità, dovrà rientrare ...spero che decida di AFFIDARSI ad serio consulente e non alla banca, tanto dopo aver girato le varie banche per i vari conti deposito, non UNA sua banca.

LE OFFERTE NATALIZIE - Fino a qualche anno fa eravamo abituati ad assistere a promozioni natalizie di vari istituti finanziari impegnati a offrire conti deposito con tassi particolarmente vantaggiosi. Quest’anno la tradizione si è interrotta: sono pochi infatti gli istituti a sostenere offerte promozionali, tra questi c’èIwbank, che ha proposto due nuove formule di conti deposito,Iwpower 3+3, con una durata temporale pari a 6 mesi e Iwpwer 6+6 con scadenza più duratura a 12 mesi. Webank, invece  ha lanciato la promozione ExtraMoney, valida solo per coloro che sono già clienti della banca. Infine Banca Mps ha introdotto due nuova scadenze, a 3 e 9 mesi, arricchendo l’offerta di Conto Italiano di Deposito

LA PRIMA PROPOSTA - Analizzando più nel dettaglio le offerte, il conto Iwpower 3+3 riconosce un rendimento complessivo annuo lordo, fino alla scadenza del prodotto , pari a 1,50%. Mensilmente si riceve una remunerazione pari allo 0,50% lordo annuo. La remunerazione bonus, pari a 1% lordo annuo, viene concessa rispettivamente, se non si effettuano svincoli anche parziali, il 31 marzo 2014 ( prima tappa) e successivamente il 30 giugno

LA SECONDA - La seconda proposta (Iwpower 6+6) prevede un rendimento complessivo del 2% lordo annuo fino alla scadenza del prodotto. La remunerazione si costruisce attraverso lo 0,50% corrisposto mensilmente e l'1,5% lordo annuo corrisposto come bonus fedeltà il 30 giugno 2014 e il 31 dicembre 2014. Entrambi i prodotti non obbligano il sottoscrittore a mantenere le somme vincolate fino alla scadenza del deposito, infatti sono previste delle tappe intermedie che consentono di monetizzare il proprio investimento ottenendo il tasso bonus, più la remunerazione mensile certa. Per aderire è necessario essere titolari del ContoIw e apportare  nuova liquidità. La promozione ha validità fino al 14 gennaio.

L’OFFERTA WEBANK - Webank, invece mira a fidelizzare e premiare  i propri clienti presentando la nuova offerta Extramoney: apportando nuova liquidità tra il 10 dicembre e il 31 gennaio 2014 è possibile sottoscrivere, entro il 15 febbraio 2014, una o più linee Extramoney a 12 mesi, che remunerano un rendimento lordo annuo pari al 3%, in luogo del 2,25% lordo previsto dal comparto  ordinario del Deposito Webank a 12 mesi.

L’OFFERTA MPS - Infine l’offerta di Mps prevede la possibilità di attivare, relativamente al conto Italiano di Deposito, fino al 31 dicembre, vincoli della durata di 3 mesi spuntando un rendimento lordo annuo pari a 2,25%, inoltre è stata introdotta una nuova scadenza a 9 mesi con un rendimento pari a 1,75% lordo, mentre il tasso del vincolo a 6 mesi è stato incrementato a 1,50% lordo.

RENDIMENTI IN CALO - Hanno, invece,  optato per una diminuzione dei rendimenti Banca Carige e UniCredit. La prima ha abbassato dello 0,25% i tassi di ContoConto.it, il deposito a 5 mesi rende 1,25% lordo, a 10 mesi 1,50% lordo, a 15 mesi 1,75% lordo e a 20 mesi 2% lordo. Mentre Unicredit ha dato una sforbiciata ai tassi di Conto Risparmio Flessibile. La forbice dei tagli oscilla tra un minimo di 10 punti base ( per la scadenza a 12 mesi) e un massimo di 25 punti base ( per la scadenza  a 24 mesi), in negativo dello 0,15% il deposito a 18 mesi. In sintesi i nuovi tassi sono 0,85% lordo per il deposito a 12 mesi, 1,10% lordo per quello a 18 mesi e 1,30% lordo quello a 24 mesi.

giovedì 5 dicembre 2013

All’inseguimento (cieco) dei rendimenti

- Gli investitori si lasciano guidare dalle emozioni, in particolar modo da avidità e paura, e questo ha serie conseguenze sulle performance.

- Questa tesi è supportata dai dati, come dimostra uno studio di Morningstar sui fondisti americani dal 1994 al 2013.

- Per evitare di essere troppo esposti a questa tendenza occorre seguire alcune semplici regole.

A tutti piacerebbe avere la palla di vetro, specialmente agli investitori. Tuttavia, prevedere quale asset class sarà la migliore, quale la peggiore, che titolo balzerà e quale precipiterà, è impossibile. Morninsgtar ha più volte messo in guardia i propri lettori rispetto ai pericoli del market timing. Eppure, l’evidenza empirica continua a dimostrare che l’investitore medio insegue ciecamente i rendimenti passati, si lascia invaghire dai trend di breve periodo e raramente riesce a resistere alle più potenti emozioni in materia di finanza: l’avidità e la paura.

Nel grafico sopra, gli analisti di Morningstar hanno sintetizzato uno studio in cui hanno confrontato i rendimenti medi dei fondi per tre macro categorie (azioni Usa, azioni internazionali e obbligazioni) con i flussi in entrata e in uscita dagli stessi fondi, dal 1994 al 2013 (l’universo oggetto dello studio è quello americano). Dal grafico si nota piuttosto chiaramente come i flussi in entrata aumentino subito dopo un rimbalzo e diminuiscano dopo un periodo negativo.

L’effetto della paura
In particolare, balza all’occhio il comportamento degli investitori dopo la crisi finanziaria:

- Dal 2008 in avanti, per cinque anni di fila si sono registrati flussi molto elevati verso i fondi a reddito fisso e riscatti dai fondi azionari. In questo caso, quindi, a guidare le scelte dei risparmiatori è stata la paura esplosa con la bolla dei subprime, la quale li ha tenuti lontano dall’equity nonostante l’evidente ripresa delle performance.

- Nel 2013 (i dati si fermano a fine agosto), si può notare come i flussi verso i fondi obbligazionari restino positivi, nonostante il rendimento negativo e la prospettiva di tassi d’interesse in salita.

Qual è il risultato di queste tendenze? Che spesso gli investitori entrano ai massimi ed escono ai minini, o che comunque gli entri in tasca un rendimento inferiore a quello del mercato. Come sempre, invece di inseguire le mode (il settore X, l’asset class Y, il paese Z o il fondo N ha guadagnato molto negli ultimi sei mesi e quindi me lo compro) bisogna avere un piano finanziario di lungo periodo solido e seguire alcune regole di base.

1 – Parola d’ordine: semplicità
Il filosofo francese Blaise Pascal diceva: “Tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera vuota”. Una massima che si può applicare anche alla finanza.

Infatti, gli investitori che fanno trading molto di frequente e utilizzano strumenti complessi, si focalizzano spesso su dati irrilevanti, cercando di prevedere il futuro a breve termine, attività piuttosto difficile. Invece, concentrarsi su pochi ma importanti fattori, come i fondamentali di una società, il suo economic moat (vantaggio competitivo) e il suo prezzo obiettivo, avendo un orizzonte di lungo periodo, permette di aumentare le probabilità di successo.

2 – Obiettivi ragionevoli
Chi investe in Borsa nella speranza di guadagnare molto in poco tempo rimane nella maggior parte dei casi deluso. Grossi rendimenti potenziali prevedono l’assunzione di grossi rischi. A quel punto non si sta investendo, ma speculando.

Ad esempio, le azioni sono storicamente l’asset class più interessante dal punto di vista dei rendimenti, statisticamente si parla del 10% annuo, ma questo si accompagna a una marcata volatilità. Se non si è pronti o preparati a sopportare momenti di alta volatilità, si corre il rischio di incappare in comportamenti irrazionali dettati dal panico.

3 – Scommettere sempre sul lungo periodo
Benjamin Graham, padre del value investing, sosteneva che “in the short run the stock market is a voting machine, but in the long run the stock market is a weighing machine”. In pratica, secondo Graham, nel breve periodo il mercato conta i voti degli investitori, che indicano quali titoli sono più popolari di altri, ma nel lungo periodo, il mercato darà più importanza al peso reale di quei titoli, cioè al loro valore intrinseco.

Troppi investitori sono focalizzati sulla voting machine (macchina di voto)  invece che sulla weighing machine (pesatrice). Sul lungo periodo, il mercato premierà i business forti e con flussi di cassa costanti.

4 – Comprare a prezzi bassi, vendere a prezzi più alti
Detta così sembre ovvio, eppure non lo è. È statisticamente provato che la maggior parte degli investitori compra subito dopo un rally e vende subito dopo un forte ribasso. Eppure dovrebbe essere il contrario, nelle fasi ribassite si nascondono spesso ottime occasioni di acquisto, mentre i momenti rialzisti dovrebbero essere l’occasione per vendere. Non lasciare che il panico o l’avidità guidino le proprie decisioni d’investimento.

5 – Il management conta fino a un certo punto
Anche il pilota migliore al mondo non potrà vincere la gara se la propria vettura ha un motore potente solo la metà di quello delle altre. Anche lo skipper più bravo arriverà ultimo se si ritrova una vela bucata. Davanti alla scelta tra un’azienda che si trova in un settore strutturalmente in difficoltà, in un’economia ferma e con un ottimo management da una parte, e un’azienda che si trova in un settore in espansione, in un’economia dinamica e un management mediocre, scegliere sempre la seconda opzione.

6 – Il passato è un buon indicatore
Una delle avvertenze più usate nella comunicazione finanziaria è: “Attenzione, le performance passate non sono garanzia di quelle future”, il che è verissimo. Tuttavia, l’evidenza ha dimostrato come i risultati ottenuti in passato, specialmente se si ha  un track record ampio, siano un indicatore da tenere in considerazione. E questo non vale solo per i gestori di fondi, ma anche per i manager d’azienda.

7 – Non essere testardi
Tra l’essere pazienti e l’essere testardi c’è una linea sottile, ed è meglio non superarla. Essere pazienti significa dare più importanza ai fondamentali della società piuttosto che al prezzo di Borsa. Se il titolo scende, ma si è convinti che i fondamentali siano ancora solidi, è giusto essere pazienti e attendere che la propria tesi d’investimento si dimostri vera o falsa. Se invece non si prendono sul serio costanti segnali negativi sulla situazione strutturale dell’azienda per evitare di incassare una perdita o semplicemente ammettere di aver preso una cantonata, si è testardi e si peggiora la situazione. Occorre sempre chiedersi: “Quanto vale questo business adesso? Ricomprerei questo titolo oggi?”.

8 – Seguire il proprio istinto
Le ipotesi qualitative che si fanno quando si decide di investire in una determinata asset class sono più importanti di qualsiasi modello di valutazione. I modelli vanno utilizzati come degli strumenti utili, non come un oracolo.

9 – Riconoscere le bolle
Quando per la stragrande maggioranza degli investitori un’asset class diventa una scommessa sicura, è forse arrivato il momento di starci alla larga. È stato così per tutte le bolle finanziarie, da quella dei tulipani nell’Olanda del XVII secolo a quella tecnologica degli anni 2000. Un altro segnale di pericolo avviene quando una determinata classe di attivo o settore tecnologico si trova al centro dell’interesse finanziario di persone completamente estranee a quel determinato campo (postini che danno consigli su bond o medici che investono sul mercato automobilistico).

10 – Essere indipendenti
I grandi gestori tendono a non ascoltare il mercato. Se si sta comprando quello che comprano tutti, forse si sta facendo la cosa sbagliata. Si deve ricordare che nell’attività d’investimento, il sangue freddo spesso conta più dell’intelligenza e della preparazione tecnica. Solo chi è in grado di andare controcorrente riuscirà a comprare ai minimi e vendere ai massimi.

Mps crolla in Borsa: -5,3%. Vendono speculatori e Unicoop

L'alleggerimento delle Coop toscane e le posizioni short dei fondi aggrediscono il titolo. Oggi riunione dei vertici dell'ente, ancora in cerca di un compratore del suo 33% per ripagare i debiti il pegno e i debiti da 350 milioni. La Fondazione: "Nessuna cessione di azioni è stata avviata"

MILANO - Monte dei Paschi chiude in forte calo a Piazza Affari. In un mercato poco ispirato, gli operatori tornano a puntare le azioni della banca senese, che sono anche state sospese per eccesso di ribasso, poi riammesse per chiudere in calo del 5,29% . Tra i desk si vedono in alleggerimento due tipi di venditori. Uno è Unicoop Firenze, che nelle ultime settimane ha ridotto dal 2,7% all'1,7% la quota nel Monte, frutto di scelte strategiche degli ultimi anni che si sono rivelate sbagliate e onerose per la mutua guidata da Turiddo Campaini. Unicoop, che sembra non aderirà alla ricapitalizzazione da 3 miliardi lanciata da Mps a inizio 2014, starebbe sganciando anche le quote residue del suo pacchetto. Gli altri venditori dovrebbero essere ancora i fondi hedge - da tempo affezionati scopertisti di Mps - che possono guadagnare allargando le posizioni short: basta cedere titoli Mps a tempo con il prezzo attuale, salvo poi ricomprarne i diritti deprezzati quando partirà l'aumento di capitale, e lucrare la differenza. Quanto alla Fondazione Mps, l'Ente primo socio al 33,5% del capitale ha precisato su richiesta della Consob che "a oggi non ha avviato alcune cessione di azioni Mps". Confermata, invece, la cessione del fresh 2008, strumento convertibile in titoli Mps, realizzata "nelle ultime due settimane di novembre" per un controvalore netto di 95,2 milioni (i titoli furono pagati dall'ente 490 milioni nel 2008).

L'azione Mps, 

poco sopra quota 0,17 euro, è destinata inevitabilmente a deprezzarsi sul mercato, al più tardi verso metà gennaio, quando dovrebbe partire la ricapitalizzazione imposta dalla Commissione europea per restituire i Monti bond. Lo sconto dell'emissione non è ancora noto, ma dovrebbe avvicinarsi al 40%. La grande diluizione dovrebbe far violare quota 0,1289 euro al titolo, con l'effetto di far scattare l'escussione del pegno per i 12 creditori della fondazione Mps, azionista con il 33,5%. Una concatenazione di eventi finanziari e borsistici da scongiurare, ma non si capisce ancora bene come. 

L'ideale, tra le poche opzioni rimaste, sarebbe che l'ente guidato da Antonella Mansi riuscisse a vendere una quota cospicua del suo 33,5%, rimborsando i creditori cui deve 350 milioni e disinnescando la mina del pegno, per poi lasciar passare l'aumento di capitale (che sarà comunque un ardimento finanziario, poiché eccede il valore di mercato della banca di un terzo).

La Fondazione anche oggi dovrebbe riunire gli organi di rappresentanza della deputazione amministratrice: ma le frequenti riunioni degli ultimi giorni non stanno producendo gli effetti da tutti sperati, e il dossier Mps torna a spaventare anche il Tesoro, che sulla fondazione è chiamato a vigilare.

Su Mps, Altroconsumo Finanza, scrive: aumento di capitale? Un complotto

Monte Paschi alla fine (forse) si salverà, ma per farlo deve battere cassa e chiedere agli azionisti tre miliardi per l’aumento di capitale. Il che, in tempi grami come questi, non è una passeggiata. A lanciare l’allarme Altroconsumo Finanza: “Che si fa quando c’è la crisi e nessuno ha quattrini da spendere? Si fanno vendite promozionali tipo “tutto a un euro” o “svuotiamo i magazzini, causa rinnovo locali” commenta Vincenzo Somma, direttore della rivista.

Il che, nel caso di Mps, si tradurrà in una vendita delle nuove azioni a prezzi scontatissimi, anche del 40% inferiori a quelli attuali (siamo a 0,19 euro). Conseguenza di questo svuotatutto a Rocca Salimbeni  – continua Vincenzo Somma – è che sarà necessario emettere una valanga di azioni, ma Fondazione Mps, che a sua volta non naviga in buone acque, non potrà comprarne o ne comprerà poche e il suo peso calerà dall’attuale 33,5% del capitale verso un ruolo limitato nelle stanze dei bottoni.

Ma per gli analisti di Altroconsumo Finanza potrebbe esserci anche di più. Questo 33,5% delle azioni è stato dato in pegno anni fa ai creditori della Fondazione stessa: BarclaysBNP ParibasCrédit AgricoleCredit Suisse,Deutsche BankGoldman SachsIntesa SanpaoloJP Morgan ChaseMediobancaNatixisRoyal Bank of Scotland e Unicredit. Se il prezzo del titolo dovesse scendere sotto gli 0,12 euro (e con l’aumento di capitale siamo proprio sul filo) queste banche, perlopiù straniere, per via di accordi fatti in passato, potrebbero diventare le azioniste di controllo di Mps, e lasciare la Fondazione col cerino in mano. Un complotto per portare all’estero la valigetta nera coi bottoni di Mps? Gli analisti di Altroconsumo Finanza non possono dirlo con certezza, ma quel che è certo è che il tentativo della Fondazione di tenere i suoi artigli infilzati nel pancione della banca senese dopo anni di costosi insuccessi rischia il naufragio definitivo, non meno del tentativo di mantenere l’italianità di Alitalia o quella di Parmalat. Un monito.