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giovedì 5 dicembre 2013

All’inseguimento (cieco) dei rendimenti

- Gli investitori si lasciano guidare dalle emozioni, in particolar modo da avidità e paura, e questo ha serie conseguenze sulle performance.

- Questa tesi è supportata dai dati, come dimostra uno studio di Morningstar sui fondisti americani dal 1994 al 2013.

- Per evitare di essere troppo esposti a questa tendenza occorre seguire alcune semplici regole.

A tutti piacerebbe avere la palla di vetro, specialmente agli investitori. Tuttavia, prevedere quale asset class sarà la migliore, quale la peggiore, che titolo balzerà e quale precipiterà, è impossibile. Morninsgtar ha più volte messo in guardia i propri lettori rispetto ai pericoli del market timing. Eppure, l’evidenza empirica continua a dimostrare che l’investitore medio insegue ciecamente i rendimenti passati, si lascia invaghire dai trend di breve periodo e raramente riesce a resistere alle più potenti emozioni in materia di finanza: l’avidità e la paura.

Nel grafico sopra, gli analisti di Morningstar hanno sintetizzato uno studio in cui hanno confrontato i rendimenti medi dei fondi per tre macro categorie (azioni Usa, azioni internazionali e obbligazioni) con i flussi in entrata e in uscita dagli stessi fondi, dal 1994 al 2013 (l’universo oggetto dello studio è quello americano). Dal grafico si nota piuttosto chiaramente come i flussi in entrata aumentino subito dopo un rimbalzo e diminuiscano dopo un periodo negativo.

L’effetto della paura
In particolare, balza all’occhio il comportamento degli investitori dopo la crisi finanziaria:

- Dal 2008 in avanti, per cinque anni di fila si sono registrati flussi molto elevati verso i fondi a reddito fisso e riscatti dai fondi azionari. In questo caso, quindi, a guidare le scelte dei risparmiatori è stata la paura esplosa con la bolla dei subprime, la quale li ha tenuti lontano dall’equity nonostante l’evidente ripresa delle performance.

- Nel 2013 (i dati si fermano a fine agosto), si può notare come i flussi verso i fondi obbligazionari restino positivi, nonostante il rendimento negativo e la prospettiva di tassi d’interesse in salita.

Qual è il risultato di queste tendenze? Che spesso gli investitori entrano ai massimi ed escono ai minini, o che comunque gli entri in tasca un rendimento inferiore a quello del mercato. Come sempre, invece di inseguire le mode (il settore X, l’asset class Y, il paese Z o il fondo N ha guadagnato molto negli ultimi sei mesi e quindi me lo compro) bisogna avere un piano finanziario di lungo periodo solido e seguire alcune regole di base.

1 – Parola d’ordine: semplicità
Il filosofo francese Blaise Pascal diceva: “Tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera vuota”. Una massima che si può applicare anche alla finanza.

Infatti, gli investitori che fanno trading molto di frequente e utilizzano strumenti complessi, si focalizzano spesso su dati irrilevanti, cercando di prevedere il futuro a breve termine, attività piuttosto difficile. Invece, concentrarsi su pochi ma importanti fattori, come i fondamentali di una società, il suo economic moat (vantaggio competitivo) e il suo prezzo obiettivo, avendo un orizzonte di lungo periodo, permette di aumentare le probabilità di successo.

2 – Obiettivi ragionevoli
Chi investe in Borsa nella speranza di guadagnare molto in poco tempo rimane nella maggior parte dei casi deluso. Grossi rendimenti potenziali prevedono l’assunzione di grossi rischi. A quel punto non si sta investendo, ma speculando.

Ad esempio, le azioni sono storicamente l’asset class più interessante dal punto di vista dei rendimenti, statisticamente si parla del 10% annuo, ma questo si accompagna a una marcata volatilità. Se non si è pronti o preparati a sopportare momenti di alta volatilità, si corre il rischio di incappare in comportamenti irrazionali dettati dal panico.

3 – Scommettere sempre sul lungo periodo
Benjamin Graham, padre del value investing, sosteneva che “in the short run the stock market is a voting machine, but in the long run the stock market is a weighing machine”. In pratica, secondo Graham, nel breve periodo il mercato conta i voti degli investitori, che indicano quali titoli sono più popolari di altri, ma nel lungo periodo, il mercato darà più importanza al peso reale di quei titoli, cioè al loro valore intrinseco.

Troppi investitori sono focalizzati sulla voting machine (macchina di voto)  invece che sulla weighing machine (pesatrice). Sul lungo periodo, il mercato premierà i business forti e con flussi di cassa costanti.

4 – Comprare a prezzi bassi, vendere a prezzi più alti
Detta così sembre ovvio, eppure non lo è. È statisticamente provato che la maggior parte degli investitori compra subito dopo un rally e vende subito dopo un forte ribasso. Eppure dovrebbe essere il contrario, nelle fasi ribassite si nascondono spesso ottime occasioni di acquisto, mentre i momenti rialzisti dovrebbero essere l’occasione per vendere. Non lasciare che il panico o l’avidità guidino le proprie decisioni d’investimento.

5 – Il management conta fino a un certo punto
Anche il pilota migliore al mondo non potrà vincere la gara se la propria vettura ha un motore potente solo la metà di quello delle altre. Anche lo skipper più bravo arriverà ultimo se si ritrova una vela bucata. Davanti alla scelta tra un’azienda che si trova in un settore strutturalmente in difficoltà, in un’economia ferma e con un ottimo management da una parte, e un’azienda che si trova in un settore in espansione, in un’economia dinamica e un management mediocre, scegliere sempre la seconda opzione.

6 – Il passato è un buon indicatore
Una delle avvertenze più usate nella comunicazione finanziaria è: “Attenzione, le performance passate non sono garanzia di quelle future”, il che è verissimo. Tuttavia, l’evidenza ha dimostrato come i risultati ottenuti in passato, specialmente se si ha  un track record ampio, siano un indicatore da tenere in considerazione. E questo non vale solo per i gestori di fondi, ma anche per i manager d’azienda.

7 – Non essere testardi
Tra l’essere pazienti e l’essere testardi c’è una linea sottile, ed è meglio non superarla. Essere pazienti significa dare più importanza ai fondamentali della società piuttosto che al prezzo di Borsa. Se il titolo scende, ma si è convinti che i fondamentali siano ancora solidi, è giusto essere pazienti e attendere che la propria tesi d’investimento si dimostri vera o falsa. Se invece non si prendono sul serio costanti segnali negativi sulla situazione strutturale dell’azienda per evitare di incassare una perdita o semplicemente ammettere di aver preso una cantonata, si è testardi e si peggiora la situazione. Occorre sempre chiedersi: “Quanto vale questo business adesso? Ricomprerei questo titolo oggi?”.

8 – Seguire il proprio istinto
Le ipotesi qualitative che si fanno quando si decide di investire in una determinata asset class sono più importanti di qualsiasi modello di valutazione. I modelli vanno utilizzati come degli strumenti utili, non come un oracolo.

9 – Riconoscere le bolle
Quando per la stragrande maggioranza degli investitori un’asset class diventa una scommessa sicura, è forse arrivato il momento di starci alla larga. È stato così per tutte le bolle finanziarie, da quella dei tulipani nell’Olanda del XVII secolo a quella tecnologica degli anni 2000. Un altro segnale di pericolo avviene quando una determinata classe di attivo o settore tecnologico si trova al centro dell’interesse finanziario di persone completamente estranee a quel determinato campo (postini che danno consigli su bond o medici che investono sul mercato automobilistico).

10 – Essere indipendenti
I grandi gestori tendono a non ascoltare il mercato. Se si sta comprando quello che comprano tutti, forse si sta facendo la cosa sbagliata. Si deve ricordare che nell’attività d’investimento, il sangue freddo spesso conta più dell’intelligenza e della preparazione tecnica. Solo chi è in grado di andare controcorrente riuscirà a comprare ai minimi e vendere ai massimi.

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