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giovedì 5 dicembre 2013

Mps crolla in Borsa: -5,3%. Vendono speculatori e Unicoop

L'alleggerimento delle Coop toscane e le posizioni short dei fondi aggrediscono il titolo. Oggi riunione dei vertici dell'ente, ancora in cerca di un compratore del suo 33% per ripagare i debiti il pegno e i debiti da 350 milioni. La Fondazione: "Nessuna cessione di azioni è stata avviata"

MILANO - Monte dei Paschi chiude in forte calo a Piazza Affari. In un mercato poco ispirato, gli operatori tornano a puntare le azioni della banca senese, che sono anche state sospese per eccesso di ribasso, poi riammesse per chiudere in calo del 5,29% . Tra i desk si vedono in alleggerimento due tipi di venditori. Uno è Unicoop Firenze, che nelle ultime settimane ha ridotto dal 2,7% all'1,7% la quota nel Monte, frutto di scelte strategiche degli ultimi anni che si sono rivelate sbagliate e onerose per la mutua guidata da Turiddo Campaini. Unicoop, che sembra non aderirà alla ricapitalizzazione da 3 miliardi lanciata da Mps a inizio 2014, starebbe sganciando anche le quote residue del suo pacchetto. Gli altri venditori dovrebbero essere ancora i fondi hedge - da tempo affezionati scopertisti di Mps - che possono guadagnare allargando le posizioni short: basta cedere titoli Mps a tempo con il prezzo attuale, salvo poi ricomprarne i diritti deprezzati quando partirà l'aumento di capitale, e lucrare la differenza. Quanto alla Fondazione Mps, l'Ente primo socio al 33,5% del capitale ha precisato su richiesta della Consob che "a oggi non ha avviato alcune cessione di azioni Mps". Confermata, invece, la cessione del fresh 2008, strumento convertibile in titoli Mps, realizzata "nelle ultime due settimane di novembre" per un controvalore netto di 95,2 milioni (i titoli furono pagati dall'ente 490 milioni nel 2008).

L'azione Mps, 

poco sopra quota 0,17 euro, è destinata inevitabilmente a deprezzarsi sul mercato, al più tardi verso metà gennaio, quando dovrebbe partire la ricapitalizzazione imposta dalla Commissione europea per restituire i Monti bond. Lo sconto dell'emissione non è ancora noto, ma dovrebbe avvicinarsi al 40%. La grande diluizione dovrebbe far violare quota 0,1289 euro al titolo, con l'effetto di far scattare l'escussione del pegno per i 12 creditori della fondazione Mps, azionista con il 33,5%. Una concatenazione di eventi finanziari e borsistici da scongiurare, ma non si capisce ancora bene come. 

L'ideale, tra le poche opzioni rimaste, sarebbe che l'ente guidato da Antonella Mansi riuscisse a vendere una quota cospicua del suo 33,5%, rimborsando i creditori cui deve 350 milioni e disinnescando la mina del pegno, per poi lasciar passare l'aumento di capitale (che sarà comunque un ardimento finanziario, poiché eccede il valore di mercato della banca di un terzo).

La Fondazione anche oggi dovrebbe riunire gli organi di rappresentanza della deputazione amministratrice: ma le frequenti riunioni degli ultimi giorni non stanno producendo gli effetti da tutti sperati, e il dossier Mps torna a spaventare anche il Tesoro, che sulla fondazione è chiamato a vigilare.

Su Mps, Altroconsumo Finanza, scrive: aumento di capitale? Un complotto

Monte Paschi alla fine (forse) si salverà, ma per farlo deve battere cassa e chiedere agli azionisti tre miliardi per l’aumento di capitale. Il che, in tempi grami come questi, non è una passeggiata. A lanciare l’allarme Altroconsumo Finanza: “Che si fa quando c’è la crisi e nessuno ha quattrini da spendere? Si fanno vendite promozionali tipo “tutto a un euro” o “svuotiamo i magazzini, causa rinnovo locali” commenta Vincenzo Somma, direttore della rivista.

Il che, nel caso di Mps, si tradurrà in una vendita delle nuove azioni a prezzi scontatissimi, anche del 40% inferiori a quelli attuali (siamo a 0,19 euro). Conseguenza di questo svuotatutto a Rocca Salimbeni  – continua Vincenzo Somma – è che sarà necessario emettere una valanga di azioni, ma Fondazione Mps, che a sua volta non naviga in buone acque, non potrà comprarne o ne comprerà poche e il suo peso calerà dall’attuale 33,5% del capitale verso un ruolo limitato nelle stanze dei bottoni.

Ma per gli analisti di Altroconsumo Finanza potrebbe esserci anche di più. Questo 33,5% delle azioni è stato dato in pegno anni fa ai creditori della Fondazione stessa: BarclaysBNP ParibasCrédit AgricoleCredit Suisse,Deutsche BankGoldman SachsIntesa SanpaoloJP Morgan ChaseMediobancaNatixisRoyal Bank of Scotland e Unicredit. Se il prezzo del titolo dovesse scendere sotto gli 0,12 euro (e con l’aumento di capitale siamo proprio sul filo) queste banche, perlopiù straniere, per via di accordi fatti in passato, potrebbero diventare le azioniste di controllo di Mps, e lasciare la Fondazione col cerino in mano. Un complotto per portare all’estero la valigetta nera coi bottoni di Mps? Gli analisti di Altroconsumo Finanza non possono dirlo con certezza, ma quel che è certo è che il tentativo della Fondazione di tenere i suoi artigli infilzati nel pancione della banca senese dopo anni di costosi insuccessi rischia il naufragio definitivo, non meno del tentativo di mantenere l’italianità di Alitalia o quella di Parmalat. Un monito.



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