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giovedì 11 ottobre 2012

Tobin tax

La Tobin tax, prende il nome del premio Nobel per l'economia James Tobin, che la propose nel 1972. È una tassa che prevede di colpire tutte le transazioni sui mercati valutari per stabilizzarli (penalizzando le speculazioni valutarie a breve termine), con lo scopo di destinare le sue entrate da destinare alla comunità internazionale.
L'aliquota proposta sarebbe tra lo 0,05% e l'1%. I suoi sostenitori affermano che ad un tasso dello 0,1% la tassa Tobin garantirebbe ogni anno all'incirca 166 miliardi di dollari, il doppio della somma annuale necessaria per sradicare dal mondo la povertà estrema. I suoi detrattori sostengono che la cifra realmente incassata sarebbe molto minore visto che il grosso delle transazioni finanziarie sono fatte per lucrare sulle micro variazioni dei prezzi e sarebbero insostenibili con la tassa. Si cita l'esempio del tentativo svedese[1] effettuato nel 1984 di applicazione di una tassa simile che portò ad incassi inferiori del 75% di quanto preventivato a causa della diminuzione del numero di transazioni. La Svezia cancellò la tassa nel 1992.
«Dopo un’attenta e approfondita riflessione anche il governo italiano ha annunciato la sua adesione alla cooperazione rafforzata per la creazione di una Tff, la tassa sulle transazioni finanziarie».
Come annunciato da la delegazione italiana ha informato il Consiglio Ecofin che il dado era tratto e, dopo una lunga indecisione, anche il nostro governo ha deciso di salire a bordo del treno che porterà 11 paesi ad adottare la Tobin tax, l’imposta sulla finanza destinata a rimpinguare le casse del bilancio e di quelli nazionali. Ora la Commissione Ue preparerà una bozza di decisione e l’imposta potrebbe essere in vigore già nei primi mesi dell’anno venturo. Secondo le analisi dei dati, con un aliquota dello 0,1% sui valori azionari e obbligazionari, e di 0,01 sui derivati, la tassa porterebbe «circa 57 miliardi» nelle casse delle capitali. Una manna di gettito in tempi di cura dimagrante causa recessione.

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