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lunedì 7 gennaio 2013

2013 cosa ci aspetta ?

Buon anno a tutti.

Le previsioni di crescita per l’economia mondiale nel 2013 non sono di certo
entusiasmanti. Nello scenario centrale, la crescita negli Stati Uniti sarà modesta e molto probabilmente inferiore a quella potenziale. La situazione è peggiore nel Vecchio
Continente, dato che numerosi paesi entreranno nel nuovo anno già in condizioni
recessive. In Asia, dopo un 2012 accettabile, vedremo l’ennesimo rallentamento
dell’economia giapponese, che dovrebbe comunque restare in territorio di crescita. Lo
scenario più probabile per la Cina è invece un assestamento su una nuova velocità di
crociera (circa 7,5%), meno entusiasmante rispetto alla doppia cifra a cui siamo stati
abituati negli anni passati ma pur sempre ragguardevole, sia rispetto alla crescita dei
paesi sviluppati che rispetto agli altri paesi emergenti.
Da questa veloce descrizione, sembrano non emergere grandi differenze rispetto al 2012.
In realtà le differenze ci sono, eccome: le due sponde dell’Atlantico offrono un panorama
alquanto diverso, sia per quanto riguarda la congiuntura economica che i rischi di medio
termine. Gli ultimi dati americani continuano a mostrare la ripresa degli aggregati
creditizi, con l’importante conferma della stabilizzazione del mercato immobiliare. I
principali indicatori di tendenza dell’attività economica sono mediocri, ma
complessivamente in ripresa e compatibili con tassi di crescita positivi dell’attività
industriale. Nell’Area Euro si attenua la dicotomia tra paesi “core” e paesi periferici, ma
l’aggiustamento avviene purtroppo al ribasso: rallenta la Germania e in Francia non si
esclude una recessione, fatto pressoché certo in Italia e Spagna.
La valutazione dei rischi di medio termine offre un quadro differente. USA ed Europa
sono impegnati da alcuni anni nel processo di riduzione della leva finanziaria. L’eccesso di
indebitamento del settore privato si è trasferito in entrambe le aree sul settore pubblico,
soprattutto in USA. Inoltre, l’architettura economica dell’Area Euro ha impedito un utilizzo
immediato e disinvolto dei mezzi della Banca Centrale Europea. Questa situazione,
insieme a problemi strutturali di scarsa competitività, ha messo sotto enorme pressione i
titoli di Stato dei paesi del Sud Europa, mettendo a repentaglio l’esistenza della stessa
Unione Monetaria: uno scenario apocalittico si è insinuato per lunghi mesi negli spread
governativi. La Fed ha invece agito immediatamente, cercando di favorire un ordinato
processo di riduzione del debito. La ricetta di tassi a breve termine a zero, acquisti di
obbligazioni sul resto della curva governativa ed impegno sui titoli legati ai mutui ha
funzionato nel garantire condizioni di finanziamento generose.
La novità del 2013 è la seguente: l’Europa ha compiuto alcuni passi fondamentali per
scongiurare definitivamente il rischio di scenari estremi (fondo Salva-Stati, acquisto di
titoli della BCE, ristrutturazione del debito greco), gli USA sono invece in ritardo nel
sentiero di aggiustamento fiscale, mentre si profila all’orizzonte il rischio del fiscal cliff e
del prossimo raggiungimento del limite di debito pubblico. D’altro canto, l’Europa subisce
ancora gli effetti del pessimo funzionamento del meccanismo di trasmissione della
politica monetaria, mentre negli USA, come detto, le condizioni di finanziamento sono
assolutamente accettabili. Su questo fronte, l’ultimo passo da compiere per l’Europa è
quello della vigilanza bancaria comune. Infatti, la frammentazione bancaria, spesso citata
da Draghi, è di ostacolo alla ripresa di creazione di credito per il settore privato. La
creazione di un’autorità di vigilanza europea, prevista per il 2013, vuole proprio andare a
risolvere questo problema. Molti dei destini dei singoli Stati continuano ad essere
pertanto in mano a Fed e BCE: nel 2013, difficilmente vedremo politiche fiscali espansive
se non dopo le elezioni di settembre in Germania. Parzialmente diverso il quadro in
Giappone e Cina. La nuova amministrazione giapponese sembra essere maggiormente
determinata nell’impegno contro il morbo deflazionistico, con un’inusuale invasione di
campo nel tentativo di coinvolgere maggiormente anche la BoJ. In Cina i mezzi per
politiche di stimolo fiscale non mancano, qualora ce ne fosse bisogno. L’incognita è di
carattere politico. Completata la transizione al vertice del Partito Comunista, con
l’elezione del nuovo presidente e del nuovo primo ministro, si attenderanno le prime
mosse della nuova amministrazione per capirne gli orientamenti.

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